(Id. 1988)
Regia
Jay Kamen
Cast Rex Smith,
Lisa Langlois,
Patrick Macnee

Sul finire degli anni ottanta, il
cinema italiano, mandava gli ultimi colpetti di quello che verrà ricordato come
cinema di genere, sulla scorta del successo internazionale di Alien ecco quindi
"Transformations", il pellicola che in un certo senso richiama alla
mente quel piccolo cult di Alfonso Brescia intitolato "La bestia nello
spazio" pur se epurato completamente da suggestioni pornografiche e
concettualizzazioni Borowczykiane. In realtà la produzione è americana ed è
opera della Empire Video di Charles Band, il quale però si avvalse di un cast
tecnico tutto italiano, pur mettendo dietro la macchina da presa l'esordiente
Jay Kamen più quotato come sound director che come regista (E infatti si vede!).
Nonostante questo i risultati non migliorano, anzi, il film è talmente scarso
da non essere mai neanche stato proiettato negli states. Rimane però lo
spumeggiante trash delle grafiche computerizzate modello Atari, astronavi che
sembrano generate da impossibili contorsioni plastiche di oggetti fusi nel
fuoco svolazzanti goffamente in uno spazio puntinato che ricorda la carta da
parati di qualche locale osè. Il protagonista si chiama Wolff e come dice il
nome è per l'appunto un lupo solitario
che vaga nello spazio da solo il giorno del suo compleanno. Credendo in un
regalo da parte di suoi amici, fa entrare dal portellone una Pamela Prati
ammiccante con cui ha subito un bel rapporto sessuale, durante il quale lei si
trasforma in una creatura senza forma che cola zampe schifose sul petto del
viaggiatore.


Al suo risveglio il nostro eroe è solo, la nave è in avaria e deve
quindi atterrare in una base spaziale dove viene subito affidato alle amorevoli
cure di un'avvenente dottoressa. Frattanto nella base, capitanata da soldati
che sembrano brutte copie degli imperiali di "Star Wars", si odono
echi di rivolta a opera di un terzetto di operai balordi, c'è anche un prete
che vede cadere trascinato da fili invisibili il crocifisso. Seguono dialoghi interminabili
e sfiancanti tra la dottoressa e il protagonista il quale, va detto, recita
come un perfetto idiota. Ogni tanto il regista ci butta qualche flashback tanto
per ricordarci le tette della Prati che, a onor del vero, sono l'unica cosa che
si salva del film. Tra scene ricreative post punk degne di un centro sociale si
snodano balletti di improbabili prostitute, Wolf riesce a raccattarne una con i
baffi sulle guance e una cresta bianca sulla criniera che la fa assomigliare
bizzarramente ad una puzzola umana.

Durante il rapporto sessuale anche il
protagonista subisce una mutazione e uccide la donna. Sarà la bella dottoressa
a fermare la mostruosa cosa che si è impossessata di lui in un tripudio di
mutaforme gommose senza senso, scene tagliate con l'accetta e riproposte in
loop tanto perché sono forse le uniche su cui si sono spesi bei soldi, sequenze
sbagliate ma che vanno bene così perché "buona la prima" (vedi
l'aggressione al prete che viene colpito alla schiena ma il suo aggressore
spunta poi di lato) e un simpatico lieto fine che fa vivere tutti "felici
e contenti" dentro astronavine che sembrano stronzi stellari.
siete magggici!
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