martedì 8 maggio 2012

LIBIDO

(Id. 1965)

Nonostante il titolo e le didascalie iniziali facciano pensare all'ennesimo esempio di cinema sexploitation di bassa lega, il film di Ernesto Gastaldi e Vittorio Salerno è un bell'esempio di tardo gotico italiano impreziosito da un cast di tutto rispetto. Ovviamente non mancano riferimenti espliciti all'atto sessuale e qualche immagine un pò osè (considerata l'epoca della pellicola) ma tutto risulta non volgare e perfettamente funzionale alla storia. l'incipit è da manuale baviano, con un primo piano di un giocattolo fanciullesco, un bambino e un grido di donna dall'alto di una scalinata. Cristian, il protagonista, assiste al brutale omicidio di una donna ad opera del padre, maniaco sessuale omicida che successivamente si butterà dalla scogliera. Passano gli anni e il ragazzo, ormai prossimo a compiere l'età giusta per ereditare l'ingente patrimonio del crudele padre, raggiunge la casa di famiglia insieme alla moglie Eileen e Paul, il suo tutor accompagnato dalla consorte Brigitte, una biondona tutta curve ma decisamente stupidina.

Qui, nonostante le cure mediche subite, Cristian comincia via via a ricordare l'esperienza traumatica e inizia ad avere disturbi mentali accompagnati da inquietanti e inequivocabili segnali della presenza paterna. Nonostante la scarsa attività come registi, Gastaldi e Salerno hanno dalla loro un invidiabile curriculum come sceneggiatori al soldo di nomi come Bava, Freda e Polselli. Esperienza questa che si vede sopratutto nell'efficace scrittura del film a cui si aggiunge la bravura di un Giancarlo Giannini in erba ma già convincente nella sua esplorazione psichica del personaggio di Cristian, fragile e aggressivo come una belva in gabbia, inserito suo malgrado in un complotto che avrà esiti spiacevoli mirabilmente esasperati in un finale dai toni cupi che richiama la tragedia shakespeariana e anticipa di qualche anno le atmosfere che hanno reso famoso Dario Argento.
Al suo fianco il bravo Luciano Pigozzi, icona mai riconosciuta del cinema italiano di genere, una intensa Dominique Boschero e la sensuale Mara Maryl che ha contribuito alla scrittura assieme ai due registi. Libido si potrebbe associare perfettamente al cinema di Roger Corman, sia per la sua identità squisitamente commerciale, sia per la carenza di mezzi impiegata, quest'ultima però perfettamente nascosta all'interno di una confezione dignitosa e di richiamo. Del resto con un titolo così non poteva che essere un grande successo e infatto così fu. Costato 26 milioni delle vecchie lire, solo per il mercato americato "Libido" venne venduto a 25.000 dollari, praticamente il doppio e tutto questo per un film girato in appena 18 giorni.

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