Quello che più fa commuovere in queste produzioni low budget messicane è l'assoluto candore, quasi fanciullesco, delle trame narrate. In particolare poi, a questa pellicola si aggiunge un bizzarro mix tra commedia ranchera e sci-fi vecchio stile con stralunati siparietti musicali e, dulcis in fundo una sfilata di mostri incartapecoriti, assemblati con costumi riciclati, lamiere e latte di metallo, scheletri di capra finti e roba che sembra uscita da un carnevale brasiliano. Ecco quindi che ci si trova davanti a un capolavoro assoluto del trash sudamericano, uno di quei titoli al cui confronto la serie de "El Santo" sembrano produzioni hollywoodiane. Il film di Rogelio A. González parte dal presupposto che Venere sia popolata da splendide amazzoni vestite con aderenti costumini da spiaggia, che vanno in giro per lo spazio su un'astronave a forma di dardo per il gioco delle freccette, carica di mostri provenienti da tutti i pianeti, ibernati in teche trasparenti.
La missione delle venusiane, nello specifico è di catturarsi qualche bell'esemplare maschile per ripopolare il loro mondo. E dove possono andare codeste fanciulle se non sulla terra? Il loro robottone tutto squadrato, pieno di fili elettrici che penzolano alla cazzodicane, afferma che il nostro pianeta sia da evitare in quanto i suoi abitanti sono così stupidi da passare il loro tempo ad autodistruggersi. Con questa bella filosofia iniziale, ecco piombare nella cagnesca cittadina di Chihuahua l'astronave aliena che si muove a colpi di fiammelle del gas da campeggio. Il primo umano che viene intercettato è un perfetto idiota di nome "Lauriano" che passa le serate nei bar a raccontare frottole e a cantare orrende canzoncine.
A questo punto scopriamo che il robottone è un pò il "wikipedia venusiano" e comincia a elencare tutte le usanze terrestri. Lauriano parla d'amore alle due aliene ma nessuno pare sappia il significato. Il casino è quando una delle due si innamora del ranchero ma viene respinta, a questo punto si incazza, gli spuntano dentoni da vampirla e comincia ad assalire i contadini, libera tutti i mostri e progetta la conquista del mondo. A questo punto si impone una breve descrizione dei mostriciattoli: abbiamo, nell'ordine, una sorta di nano butterato con il cervellone gigante e due occhi che sembrano uova sode (e infine si spiaccicheranno come tali!), un ciclope con gli orecchioni che grugnisce come un maiale, un coso peloso che sembra un incrocio tra un topo e un ragno e un curioso mix tra lo scheletro umano e il cranio di una vacca, quest'ultimo sparisce e al termine del film non si sa neanche che fine ha fatto (probabilmente non ha retto la lavorazione del film). Dopo la solita improbabile lotta finale, Lauriano sconfigge la venusiana, si fidanza con l'altra e sconfigge i mostri, resta solo il robottone a fare un pazzesco duetto con un juke box all'interno dell'astronave, chiusura degna di entrare nella storia del kitsch cinematografico. Impreziosito dalla presenza del noto comico Eulalio "Lalo" González, "Piporro", la nave de los mostruos è uno di quei pochi titoli giunti in Italia, probabilmente puntando ad un cinema infantile amante dei siparietti musicali.
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