Regia Alan W. Cools (Mario Bianchi) Cast Mark Shannon, Aldo Sambrell, Laura Levi
Parla di “impiegati allupati rispondono ad un annuncio e si ritrovano in mezzo a satanisti ancora più allupati di loro”
Gola profonda meets Rocky horror picture show? Senza andare a scomodare due classiconi nel loro genere, possiamo senz’altro definire questa fatica di Mario Bianchi come un fulgido esempio di monnezza risorta dalle pieghe del tempo. Realizzato dal regista nel suo breve periodo sexy-horror (quindi subito dopo “La bimba di Satana”) con lo pseudonimo Alan W. Cools (anche se pare che il film lo realizzò per intero Luigi Petrini), il film conteneva numerose scene pornografiche ad oggi irreperibili nella versione integrale, per cui bisogna accontentarsi di una versione edulcorata, mutilata di tutti i peni in vista (fortunatamente la mutilazione riguarda solo l’ambito visivo!) ad eccezione del finale dove i due protagonisti Mark Shannon (Al secolo Manlio Cersosimo) e Aldo Sambrell, dopo ore di sesso sfrenato, possono lasciare a riposo i loro membri sfiniti.
Nonostante la realizzazione risalga ai primi anni ottanta, il film fu distribuito solo dieci anni dopo sfruttando il visto censura de “La dottoressa di campagna” uscendo, per l’appunto, con il titolo “Agnese e…la dottoressa di campagna” che, se si guarda l’opera, non c’entra un beneamato cazzo di niente. La storia parte all’interno di un normale condominio dove lo spagnolo Sambrell (qui in un ruolo inedito essendo l’attore specializzato nel genere western) si reca in una specie di casa d’appuntamenti dove una bionda lo costringe a fare sesso indossando indumenti femminili. Lo segue Mark Shannon, invidioso della sfrenata attività sessuale del collega. Qui il Bianchi ci piazza a tradimento alcune scene saffiche che non hanno alcun senso se non quello di implementare il carico sessuale dell’opera. Shannon e Sambrell lavorano entrambi in uno studio di pubblicità dove bullizzano Agnese, una collega dai modi rigidi e casti. Mentre Shannon e un altro collega un pò hippy si dedicano ad attività voyeuristiche, il prode Sambrell si fa una bella sveltina nella sala oscura con una collega ninfomane che, dopo la scopata si concede, non ancora appagata, un po' di sano autoerotismo sia prima che dopo essersi fatta il bagno.
Queste atmosfere bucoliche però, prendono una piega inaspettata quando Sambrell decide di rispondere ad un annuncio pubblicato sulla rivista “Intimità”. Shannon insiste per seguirlo e i due si ritroveranno a Villa Lucifera in un guazzabuglio infernale dove si celebrano riti satanici accompagnati dalla musica di Shining e nel contempo teste di mostri decapitati rotolano dalle scale mentre un tizio vestito come un pellerossa sfodera un enorme fallo posticcio. Mentre cercano una via d’uscita, i due incontrano una sorta di cameriera mascherata, la quale reca sul sedere l’invito a seguirli per poi sfondarli a colpi di sesso senza interruzione. Sorpresa! Sorpresa! La cameriera non è altri che la loro collega Agnese che, dopotutto non è così casta come vuole apparire. Tra commedia, horror e pornografia, il film non riesce a funzionare in nessuno dei tre generi, troppo rozzo e malfatto, quasi peggio delle commedie pierinesche. Almeno si trovasse la versione integra potremmo consolarci con un porno vero e proprio e non con questa versione in cui l’unico Frankenstein citato nel titolo è proprio la pellicola, mutilata e ricucita senza alcun riguardo per lo spettatore.
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