mercoledì 12 ottobre 2022

ANTHROPOPHAGUS 2000

(1999) 

Regia Andreas Schnaas 

Cast Achim Kohlhase, Andre Sobottka, Joe Neumann 

Parla di “Incapace regista tedesco tenta di rifare senza soldi e senza capacità tecniche, uno dei capisaldi del cinema horror italiano” 

E’ bello sapere che da qualche parte in Germania c’è un tipo come Andreas Schnaas innamorato pazzo del cinema di genere italiano e in particolare di Joe D’amato. Un po' meno bello quando Schnaas, che non è certamente un regista con la erre maiuscola (di maiuscolo ha la P di poveraccio!), cerca di mettere mano allo script originale di Luigi Montefiori e Aristide Massacesi per tirare fuori un remake alla buona, con un budget la cui spesa massima è rappresentata dalla benzina del furgoncino dei protagonisti. Certo chi si avvicina al cinema del filmmaker teutonico sa cosa aspettarsi, considerando che, ancora oggi, è conosciuto per quella fetecchia amatoriale di Violent Shit. Giunto al sesto film della sua corposa filmografia (fortunatamente interrottasi dieci anni fa) Schnaas si fa prendere dall’ambizione e gira quello che, nelle sue pur migliori intenzioni, dovrebbe essere una versione aggiornata di un titolo cult nel nostro cinema, tant’è che gli piazza nel titolo la parola 2000. 

Ma quello che sulla carta sembra un progetto tutt’altro che disprezzabile, nella realtà e soprattutto nelle mani del regista tedesco, si trasforma in una schifezza amatoriale senza possibilità di appello. Il film parte dal ritrovamento, da parte di un gruppo di agenti in borghese (ma con il distintivo sul petto sennò non si capisce), di alcuni cadaveri scarnificati all’interno di una grotta. Uno degli sbirri tira fuori dalle viscere di un corpo un quaderno straordinariamente nuovo e intonso, da cui si può avviare il flashback della storia. Si parte da quello che Massacesi lasciò come colpo di scena finale, ovvero la genesi del mostro, su una barca a vela naufragata nel mare. Successivamente siamo su una spiaggia dove un grosso capellone e una ragazza di colore tutta tatuata si infrattano in tenda (senza neanche togliersi le scarpe, sic!). Dopo una scena di sesso alquanto malrecitata in cui la tipa fa l’amore senza togliersi il costume da bagno, arriva ovviamente il massacro e alla tizia viene letteralmente strappata la pelle di dosso. Poi l’azione si sposta su un gruppo di turisti tedeschi in viaggio sul pulmino presso una località toscana chiamata Borgo San Lorenzo dove scopriranno, da ritagli di un giornale, che tutta la popolazione è stata sterminata. 

Il resto del film è un pout pourri di scene splatter alquanto risibili in cui Schnaas si diverte a omaggiare Fulci (l’estrazione degli intestini dalla bocca come in Paura nella città dei morti viventi) e Deodato (l’impalamento come in Cannibal Holocaust) il tutto con effetti di make up anche discreti se si considerato il tipo di produzione. In realtà chi sceglie Schnaas lo fa perché sa di trovare intestini sviscerati, spellamenti sanguinosi, decapitazioni e mutilazioni senza limiti. Del resto, per il regista, doversi approcciare alla mitica scena di cannibalismo fetale del film originale (ai danni della povera Serena Grandi), è un vero e proprio invito a nozze. Nella sua Versione Schnaas opta per il cesareo a mani nude, estrae il bambino insanguinato che lo guarda piuttosto perplesso prima di essere divorato a morsi. L’effetto, che nel prototipo di D’amato raggiungeva vette estreme alquanto insostenibili, in questa versione raggiunge invece l’esatto contrario, ovvero cade in una apoteosi del ridicolo che suscita nello spettatore colpevoli risate che non dovrebbero esserci alla vista di un infante maciullato. Ma la scena è talmente comica che non si può resistere. Tolto però l’elemento splatter, si può stendere un velo pietoso su fotografia (questa sconosciuta), montaggio e recitazione per i quali Schaas, sebbene godesse all’epoca, di una certa esperienza dietro la macchina da presa, sembrano essere un inutile orpello attorno alla sua personalissima orgia di budella masticate e corpi martoriati. 

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