mercoledì 2 dicembre 2020

O DESPERTAR DA BESTA

(1970) 

Regia: José Mojica Marins 

Cast: José Mojica Marins, Andréa Bryan, Annik Malvil 

Genere: PseudoDocumentario, Exploitation, Horror 

Parla di “Psichiatra sperimenta LSD su alcuni volontari mentre Zè Do Caixao ne ispira i deliranti viaggio in un inferno psichedelico” 

E fu così che José Mojica Marins conobbe finalmente il cinema exploitation nel suo essere più viscido e sensazionalista. Dopo i due capolavori assoluti come “A meianoite levarei sua alma” e”Esta Noite encarnarei no teu cadaver” il suo mondo cinematografico si è completamente identificato nel personaggio di Zè Do Caixao, il becchino maledetto al punto che nel successivo “O Estranho mundo do Zè do Caixao” e in questo “O Despertar da Besta” la sua presenza è marginale ma necessaria ed entrambe le figure (regista e personaggio) vivono in  completa simbiosi all’interno di questo bizzarro e personalissimo universo cinematografico. O despertar da Besta (conosciuto anche come O Ritual dos Sádicos), in particolare, si rifà ai finti documentari tanto cari all’epoca maccartista americana, quelli, per intenderci, dove si fa una dura quanto ridicola ramanzina al mondo del sesso e della droga. 

Non a caso il film inizia con una serie di dialoghi in penombra dove il protagonista è un certo dottor Sergio che conversa amabilmente con un giornalista e con uno stranamente silenzioso Zè do Caixao in qualità di ospite e modello ispiratore di un certo esperimento di cui andremo a parlare. Tra un dialogo e l’altro il film ci illustra scene di droga e sottomissione sessista dove giovani donne si iniettano eroina nelle gambe ed altre sono costrette a subire le peggio umiliazioni per ottenere un lavoro da un laido ciccione con la bocca strabordante di spaghetti. Ogni tanto le scene cambiano per mostrarci quanto il buon Zè ormai sia famoso (o famigerato?) con tanto di folla che si accapiglia per acquistare la sua graphic novel in edicola. Ma è proprio un poster de “O Estranho mundo do Zè do Caixao” a fare da apripista al famoso esperimento in corso d’opera. Un gruppo di selezionati personaggi viene infatti coinvolto in una seduta psichiatrica dove verranno drogati con LSD davanti al poster del famoso becchino demoniaco. L’ultima mezz’ora passa da bianco e nero a colori sgargianti e psichedelici, trovata questa ormai consueta nel cinema di Marins, dove il terrificante viaggio nelle viscere dell’inferno ci viene illustrato all’interno di una specie di sotterraneo (sempre lo stesso in tutti i film) in cui l’asticella del weirdo esplode come il mercurio nel termometro ad elevate temperature. 

Le apparizioni di Zè e le sue magie irrompono tra vapori e tagli di scena frenetici e frastornanti. L’universo misogino già sperimentato dal film-maker brasiliano trova qui la più ampia consacrazione con demoni neri che frustano giovani schiave sdraiate davanti ad una delle cavie, un’altra viene molestata continuamente dal depravato becchino e così via per un tempo che sembra infinito. L’esperimento finisce con il consueto colpo di scena giusto in tempo per snocciolarci il solito pippotto filosofico riguardante la malvagità nascosta nell’essere umano. Rispetto alle prime due avventure del buon Zè qua siamo di fronte all’autoreferenzialità pura di un cineasta ossessionato e ossessionante che, nel suo piccolo, ha fatto la storia del cinema horror brasiliano.  

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