lunedì 14 maggio 2018

PARASITE


(Id. 1982)


 
Che bello vedere certi film dove con quattro soldi si riesce a immaginare il mondo post atomico con solo quattro baracche ed un gruppo di teppisti straccioni che vivono in un garage. Certe cose solo artisti come Charles Band riescono a farle, ma soprattutto riescono a farle bene, al punto che si passa sopra alla bruttura scenografica, alla cagneria attoriale, alla rozzezza delle poche scene di azione, e ci si gode lo spettacolo entrando perfettamente nel contesto rural-rozzo per appassionarsi alle vicende del povero dottor Paul Dean portatore di una specie di gonfiore nello stomaco a cui rifila una serie di iniezioni per calmare il parassita dentro lui.


L'inizio delirante ci dovrebbe spiegare a che razza di esperimento si è sottoposto il nostro eroe ma in realtà non si capisce un cazzo, tutta una sequenza di primi piani dello sguardo dell'attore Robert Glaudini legato con cinture alla testa mentre strabuzza gli occhi come un dannato. In seguito sembra di assistere ad un remake de "L'uomo invisibile" quando il nostro si rifugia in una specie di bettola fatiscente gestita da una truccatissima e cadente Vivien Blaine. Dopo aver riempito la stanza con alambicchi e strani congegni, Dean va a mangiarsi una merdosa scatoletta in un ancor più peggiore locale dove un gruppo di teppisti lo importuna. Ed a questo punto, udite udite, appare lei, proprio "lei", una virginale Demi Moore alle prime armi, che coltiva limoni veri in un mondo ormai distrutto e allo sbando. Tanto per non farci mancare nulla spunta anche il regista/attore Luca Bercovici (ve lo ricordate Ghoulies? Bene lo ha diretto lui...) nei panni di una specie di men in black armato di laser nel manicotto del vestito che guida una nerissima e futurissima porche (l'unica cosa nel film che sembra appartenere ad un film di fantascienza).

Nel frattempo i teppisti aprono una scatola che non devono e vengono assaliti da un mostruoso parassita pieno di dentoni che si attacca alla pelle e non ti molla finchè non ti ha asciugato per bene. Girato in 3D il film di Band è un perfetto esempio di Z-movie che non si vergogna di esserlo, anzi ne trae un considerevole vantaggio. Se le atmosfere sono deprimenti ben si integrano con una visione apocalittica decisamente casalinga, di quelle che piacevano tanto al signor Corman quando girava piccoli capolavori come "Il mostro del mondo perduto". Non mancano ovviamente le creature gommose tipiche della Full Moon, e bisogna dire che qui il parassita è dannatamente efficace, in più ci si concede anche qualche momento splatter ben fatto come la spettacolare esplosione facciale della Blaine. Insomma per apprezzare film come questo bisogna essere sopratutto dei fottuti nostalgici e saper apprezzare gli anni ottanta e tutto l'immaginario horror che ci hanno saputo regalare.

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