Regia José Mojica Marins
Cast José Mojica Marins, Agenor Alves, Ariane Arantes
Nonostante la presenza di Ze do
Caixao, sempiterno alter ego malefico di José Mojica Marins, Exorcismo Negro
non viene annoverato dai cultori del regista brasiliano come parte della
trilogia psichedelico-weirdo-horror dedicata al becchino satanico, eroe di
titoli come "À Meia-Noite Levarei Sua
Alma" o "Esta Noite Encarnarei no Teu
Cadáver". La spiegazione di questa esclusione si può certamente attribuire
al fatto che Coffin Joe (come viene chiamato negli Stati Uniti), da sempre
protagonista assoluto, viene qui relegato ad un cameo finale. Protagonista
della vicenda, in questo caso, è lo stesso Marins in veste di regista di sé
stesso, una specie di grottesco La Nuit américaine, con tanto di unghioni sulle mani (ma li
aveva anche nella vita reale?), il quale dopo aver girato qualche scena di un
film dove una coppietta viene aggredita da banditi mascherati, essersi fatto
intervistare sulla sua duplice personalità, viene visitato di notte da una
sedia rossa che gli svolazza sul letto.
Le cose non vanno meglio quando José si
reca dai parenti per le feste di Natale. Gli animali rognano al suo passaggio
(manco fosse Frau Blucher), un vecchio lo aggredisce e tenta di strapparsi gli
occhi di dosso, le tende lo assalgono, un pianoforte suona da solo, dagli
alberi cascano pitoni, dalla libreria i volumi cercano di colpirlo. In giardino
il cognato del giardiniere con la faccia bianca di cerone, gli occhi spiritati e un' accetta in mano
cerca di farlo fuori. Poi, a turno, la misteriosa entità satanica si impossessa
dei parenti che iniziano a sbraitare con le borse sotto gli occhi arrossati
fino all'apparizione di Ze do Caixao dove finalmente comincia il delirio puro,
quello che abbiamo imparato a conoscere e ad amare del regista carioca. Ecco
allora fattucchiere strabiche, galli sgozzati, tridenti e fulmini di cartapesta
sagomata, donne nude che si trastullano con un bastone, messe nere in abiti
medioevali, orge di corpi insanguinati e adepti col saio rosso, urla e balli
indemoniati, scene di cannibalismo e preghiere (in italiano!) lamentose mentre
la telecamera ostenta ossessiva primi piani dei satanisti che fanno facce
assurde.
Alla fine lo scontro finale tra Ze e Josè che sono entrambi la stessa
persona diventa la prova lampante del dualismo umano, di certo la
rappresentazione di Marins, dal punto di vista cinematografico, è tra le più
ingenue e infantili che si possano trovare nei meandri della settima arte ma il
kitsch che si propaga da questi fotogrammi risulta sempre denso di fascino,
anche se l'ambientazione casalinga anni settanta ha un sapore di filmino
natalizio vero e proprio. Eccesso di realismo o mancanza di fondi? Gradevole in
ogni caso la colonna sonora, tra jazz tribale e psichedelia beat.
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