Regia Alfonso Brescia
Cast John Richardson, Yanti Somer, Walter Maestosi
In tempi di computer graphic dove
anche un bambino di 6 anni può realizzare scene di battaglie stellari da cinema
blockbuster, fa tenerezza vedere con quanta astuzia ci si arrabattava nel
passato per girare un film di fantascienza. Astronavine che fluttuano
lentamente, sfondi riciclati da foto della Nasa, luci psichedeliche e riprese
di repertorio alterate cromaticamente. In questo contesto nuota vigoroso questo
mirabile esempio di trash interstellare ad opera del nostro impareggiabile
Alfonso Brescia, qui americanizzato in Al Bradley con un cast che, nonostante
il tentativo di dare una patina internazionale, non tarda a rivelare la sua
appartenenza all'italico panorama. Di rientro da una lunga missione spaziale l'astronave
del capitano Hamilton (John Richardson) riceve strani segnali da una forza
aliena che attira l'equipaggio su un pianeta deserto dove in passato si è
scatenata una guerra atomica, qui scopriranno alieni con orecchie a punta
verniciati di verde ed un robottone quadrangolare che ricorda i robot
giocattolo di latta degli anni '60, il quale comanda le macchine e i cervelli
della popolazione. Dopo una lunga serie di vicissitudini i terrestri avranno la
meglio sulla macchina ma si porteranno sull'astronave una sgradita sorpresa.
Attori in calzamaglia che ricordano Terrore nello spazio di Mario Bava,
Caschi a lampadina, sesso
virtuale psichedelico e la retorica umanistica del protagonista (che non crede
nell'uso delle macchine e riscopre il piacere del contatto labiale)
costituiscono una ghiotta occasione per scoprire come si possa raccontare la
sci-fi fregandosene delle apparenze, infischiandosene del dialogo (che
raggiunge picchi deliranti) e dimenticandosi delle regole base di
sceneggiatura. Ma sopratutto il regista non si vergogna nemmeno di far vedere
l'esplosione del pianeta utilizzando immagini adulterate di un vulcano in
eruzione (ma del resto lo facevano anche in America negli anni '60).
In
sostanza questo film si presenta come "vecchio di dieci anni" già ai
tempi del suo esordio nelle sale, oggi fa quasi tenerezza nella sua ingenuità.
Il robottone tutto luminoso è irresistibile e le scene in cui il governo
terrestre parla con i giornalisti dicendo che va tutto bene mentre questi poi
vanno a riferire ai giornali il contrario, è una costante immancabile di un
certo cinema di genere che continua a farsi strada nell'immaginario collettivo
proprio grazie a questi clichè narrativi. Brescia però va subito al sodo, non
cerca troppe spiegazioni, ne basta una ed avanza, i personaggi sono tutti
stereotipati e certe scene di tensione sono anche troppo pompate rispetto a
quanto realmente accade. Il tutto viene poi condito con una colonna sonora al
sintetizzatore con echi di Bach e passaggi ossessivo psichedelici che
contribuiscono in modo sostanziale all'impronta complessiva di questa assurda
baracconata.
Da notare che lo stesso Brescia
riciclò il set, i costumi ed il robottone per una versione porno del film
intitolata "La Bestia nello Spazio", di cui parleremo in seguito.