Regia Christopher Hatton
Cast Zoe Naylor, Graham Sibley, Edward Foy
E' dai tempi de "L'uomo
meccanico" di Andrè Deed (il mitico Cretinetti) del 1921 e nel successivo
e ben più conosciuto "Metropolis" di Fritz Lang che i robot hanno,
nel bene o nel male, invaso l'immaginario fantascientifico cinematografico. Un
sogno meccanico di realizzare una copia dell'essere umano in versione meccanica
in grado di elargire servigi alla nostra razza, sogno che spesso, nella settima
arte si tramuta in un incubo come dimostrano opere come "Il mondo dei
Robot" o "Terminator", due tra i titoli da cui più attinge questo
"Robotropolis" dove un futuro
non troppo prossimo vede dei giganteschi automi bianchicci gestire i servizi
sociali della cittadina di New Town in qualità di moderni schiavi automatizzati
che occupano ruoli più o meno bassi della scala sociale, ovvero braccianti,
domestici e poliziotti.
Peccato che un errorino di uno dei tecnici
specializzati trasformi queste macchine in strumenti di morte, il tutto
partendo da un incidente occorso durante una partita di calcio in cui una discussione
tra un giovane calciatore ed il robot che, molto simpaticamente, è stato messo
in squadra, si trasforma in tragedia quando l'essere meccanico spara
improvvisamente uccidendo il ragazzo. Il tutto ripreso da una troupe televisiva
che da lì in poi dovrà affrontare la crisi di New Town. I robottoni uccidono,
massacrano chi gli capita a tiro e fanno esplodere centrali petrolifere. Li
vediamo maciullare, trasformarsi in segugi a quattro zampe a caccia dei
superstiti che, ovviamente, organizzeranno la solita resistenza.
Prodotto e
realizzato a Singapore, il film appartiene di diritto alla scuola Asylum dove
gli effetti speciali, comprese le poche scene splatter, vengono realizzati
interamente al computer con l'inconfondibile stile "Atari" che
contraddistingue da sempre la nota casa di produzione holliwoodiana. La
differenza, qui, semmai è la mancanza di qualche icona del cinema di serie B
riciclata per fame allo scopo di dare richiamo all'opera. Al suo posto troviamo
l'australiana Zoe Naylor, reduce del ben più dignitoso "The Reef" che
dimostra quanto pessima può essere la recitazione quando alle spalle non c'è il
regista giusto e, in questo caso l'esordiente Cristopher Hatton non ce la fa
proprio.
Gli andrà un filo meglio con il successivo "Battle of the Damned"
dove, oltre ai robottoni rachitici, ci sbatte dentro anche gli zombi e riesce a
recuperare dalla naftalina nientemeno che "Dolphi "io ti spiezzo in
due" Lundgren. Dopotutto "Robotropolis" risulta anche
discretamente scorrevole, se si supera l'imbarazzante recitazione, i servizi
giornalistici realizzati con template casalinghi e i robottoni che sembrano
usciti da una versione povera di Robocop. Il finale che vede di spalle i due
protagonisti mentre si avvicinano le macchine, lascia un senso di incompletezza
e affrettata superficialità che fa intendere la volontà dell'autore di fare il
figo senza avere necessariamente le basi per farlo.