mercoledì 11 settembre 2013

MACISTE E LA REGINA DI SAMAR

(Id. 1964)
Regia
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Conosciuto in tutto il mondo con il titolo "Hercules vs. The Moon men", questo peplum del regista friulano Giacomo Gentilomo è un curioso quanto ridicolo frullato di generi, dall'horror alla fantascienza passando dal cinema mitologico per narrare le gesta di Maciste/Ercole (Nell'Italia degli anni '60/'70 il personaggio di Maciste veniva sfruttato commercialmente in quanto personaggio dell'immaginario popolare che all'estero era praticamente sconosciuto) alle prese con il regno della crudele regina Samara (Jany Clair) intenta a sacrificare i giovani del suo popolo a leggendarie creature nascoste nella montagna della morte. Protagonista lo scultoreo quanto inespressivo Alan Steel (al secolo Sergio Ciani) forzuto dal cuore d'oro che s'impegnerà a fondo per sconfiggere il male ma sopratutto per mantenere in ordine la sua chioma laccata e mettere in evidenza i suoi notevoli pettorali.
Lo vediamo combattere contro i centurioni, allargare sbarre di metallo, strozzare un mostro scimmia zannuto arrivato chissà da dove, scagliarsi contro i ridicoli mostri di pietra che dovrebbero essere i lunari ma paiono robottini a molla che manco ce la fanno a camminare, dulcis in fundo, il nostro eroe rovescia una pesante statua d'oro il cui crollo determina l'annientamento del tempio del male. Ovviamente il film è avaro di spiegazioni su come si possa distruggere un tempio extraterrestre ed uscirne indenni, pronto a cavalcare sul suo magnifico destriero con la bellona di turno (Anna Maria Polani) in groppa, ma questo risulta superfluo all'interno di un contesto narrativo inesistente.
Cinema di puro intrattenimento come si faceva una volta, questo peplum non ci risparmia fantasiosi costumi, il sacerdote alieno indossa una maschera da rana in cui si intravedono le labbra mentre parla, c'è un grosso pallone di gomma che dovrebbe essere una specie di cervello marziano, che si gonfia risaltando le venature verdastre e sopratutto ci sono loro, gli uomini di pietra, i quali nella loro goffaggine emanano un'irresistibile tenerezza al pensiero dello sforzo occorso alle comparse per muoversi in quel pesante fardello. Le ambientazioni esterne sono ridotte al minimo indispensabile (quasi tutte le scene d'azione si svolgono in una vallata), gli arredi sono più che altro grosse statue di polistirolo dorato e i costumi sembrano raccolti dai bidoni per la raccolta solidale, si è cercato di risparmiare? Ovvio! Il budget del film è stato speso più che altro per oliare i bicipiti di Sergio Ciani (che in passato faceva la comparsa per il mitico Steve Reeves ) dal momento che la telecamera insiste quasi più su questi che sul suo volto, del resto completamente inespressivo.
Il mistero più grande rimane in ogni caso la marca della lacca usata dal mitologico eroe, lo vediamo infatti annaspare in una vasca piena d'acqua, lottare contro centinaia di persone, correre, cavalcare, venire quasi trafitto da centinaia di punte e finire in una tempesta di sabbia ma niente di tutto questo riesce minimamente a scalfire la sua acconciatura! Del resto si sa che i capelli sono importanti per il nostro eroe, sappiamo tutti quello che succede se glieli tagliano...ah no! Scusate, quello era Sansone!


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