venerdì 8 novembre 2024

SUPERMOUSE AND THE ROBORATS (1989)

Regia Tony Y. Reyes 

Cast Joey De Leon, Rene Requiestas, Manilyn Reynes 

Parla di “circense scopre di
essere per metà un supertopo alieno e si attiva per combattere invasione aliena e regalare un po’ di azione al film nell’ultima mezz’ora” 

Se non fosse per l’insormontabile ostacolo linguistico, il cinema filippino ci permetterebbe di scovare autentiche perle in ambito trash, alcune, le più rilevanti, giungono in ogni caso, precedute dalla loro fama. E’ il caso di questo assurdo mix tra commedia, cinema di fantascienza e supereroi che pochi cultori conoscono, autentica perla del non sense che qualcuno dovrebbe doppiare o almeno sottotitolare.

 Il protagonista è l’attore/comico/cantante Joey De Leon che interpreta Mickey, un ragazzone abbandonato da neonato davanti a una tenda (da campeggio) che si ritrova poi in un’altra tenda (quella del circo). L’incipit vede un gruppo di alieni vestiti come se Darth Vader avesse il velo da odalisca e una pettorina di plastica fluorescente. Questi inseguono una donna con bambino, quando la raggiungono, il neonato è salvo ma la donna è spacciata. Per l’ora di film successiva non succederà più nulla, assisteremo a siparietti comici del mago Goro the great (Rene Requiestas) che starnutisce lamette, si da fuoco alla giacca e salta sui vetri rotti procurandosi delle sanguinolente escoriazioni, ci godremo quindi amabili canzoncine tra cui una dove si tenta di cantare come dei topolini e c’è persino la cover di “Girls just wanna have fun” di Cindy Lauper cantata da De Leon vestito da donna e un adorabile nanetto che viene sempre preso a schiaffi e canta stonatissimo. Poi la mamma di Mickey muore rivelandogli che non è la sua vera madre, nello strazio il nostro eroe si trasforma, vediamo quindi una mutazione del volto stile The Wolf Man del 1941 (ma fatta peggio!) e “”zac!” al nostro amato gli viene la faccia da topolone, con tanto di orecchie giganti, dentini aguzzi e baffetti alla Topo Gigio. 

Da qui in poi il film passa da una commediaccia stantia al vero capolavoro. Mickey si trasforma in supereroe con tanto di mantello e tutina e sfreccia (si va beh!) nei cieli sfondando tutti i cartelloni pubblicitari (tranne quello del veleno per topi) e prendendo a cazzotti rapinatori, aspiranti suicidi e pazzi omicidi. Siccome poi questo film è il top dei top(i) la produzione ci regala anche una fantastica cover di “raindrops keep fallin on my head” in filippino con De Leon che saltella davanti alla statua della Madonna e conclude con un coretto insieme a due topolini a cartoni animati. A pochi minuti dalla fine appaiono finalmente gli alieni, ovvero i Robo-rats del titolo. Togliendo, infatti, il mascherone da Guerre Stellari, un extraterrestre rivela il suo faccione da topo barbuto e rivela a Mickey di essere il frutto di uno stupro oltrespaziale, poi dopo una breve collutazione tutto finisce a tarallucci e vino e finalmente questo spettacolare capolavoro si conclude regalandoci una vera e propria esperienza allucinatoria come mai non era accaduto prima nel mondo del cinema. 

venerdì 25 ottobre 2024

CENTIPEDE HORROR

(Wu gong zhou, 1982) 

Regia Keith Li 

Cast Tien Lang Li, Michael Miu, Hussein Abu Hassan 

Parla di “stregone incazzato manda orde di millepiedi a uccidere tutti e alla fine si vomita che è una bellezza” 

Gli insetti mi affascinano e di solito riesco a farmi piacere anche la puzzolente cimice o il nero scarafaggio (che, ricordiamolo, un giorno erediteranno la terra) ma se c’è una specie che proprio non digerisco quella è la scolopendra, ovvero lo schifosissimo millepiedi. Animale che tra l’altro, in alcune parti dell’Asia pare sia una ghiotta pietanza (con notevoli proprietà antiossidanti) il che, forse giustifica l’insostenibile sequenza finale di questo filmaccio cinese diretto da Keith Li. Due studentesse vanno in gita nel Sud Est asiatico, la ragazza di nome Kay si infratta per pisciare e viene assalita dalle scolopendre, l’amica giunta sul posto muore d’infarto a seguito del morso del millepiedi. Il fratello di Kay, Pak, la raggiunge in ospedale e la ritrova orribilmente butterata, con ferite che sembrano causate da un’esplosione atomica. La ragazza muore dopo atroci sofferenze e Pak, insieme alla fidanzata Chee, inizia a indagare sulle cause della sua scomparsa. Verrà a conoscenza di una maledizione che incombe sul villaggio vicino al luogo dell’incidente, una specie di mago controlla infatti le scolopendre per uccidere tutti gli abitanti, allo scopo di vendicare un crimine commesso anni prima. Crimine che alla fine è quasi un delitto passionale ma con incendio finale in cui rimane vittima anche un neonato (che il santone ritrova carbonizzato il giorno dopo). 

Se nella prima parte il film scorre anche decentemente, nella seconda parte si svacca totalmente con sortilegi, lampi, esplosioni, urlacci, spilloni voo-doo e medaglioni magici (che ricordano un po' le chincaglierie della nonna) raggiungendo lo zenith del non sense quando uno sciamano tenta di sconfiggere lo stregone con degli scheletri di polli animati a passo uno. Chee viene posseduta da una scolopendra che ogni tanto appare e scompare sul volto e nel finale (orribile) verrà esorcizzata costringendola a vomitare grumi biancastri e millepiedi vivi, il tutto con una dovizia di particolari che non lascia dubbi sul fatto che la povera attrice Tien Lang Li sia stata costretta veramente a tenere in bocca schifosissime scolopendre giustamente incazzate nere. Se sopravvivete al disgusto prestate attenzione alla colonna sonora, una specie di “indovina il plagio” costante tra i classici cinematografici americani dell’epoca (tra cui pare ci sia anche il nostro Phenomena). 

venerdì 18 ottobre 2024

TROPPO BELLI (2005)

Regia Ugo Fabrizio Giordani 

Cast Costantino Vitagliano, Daniele Interrante, Jennifer Poli 

Parla di “tronisti dal cuore d’oro che sognano il cinema ma dopo questo film il cinema se lo sognano e basta!” 

Che bella l’Italia! Terra di sole, mare, canzoni, Sanremo ecc. ecc. Ma anche terra che eccelle in un genere molto particolare: il Vipsploitation o Personalitiesploitation (mia vecchia definizione ora superata), ovvero quel genere cinematografico dove si costruisce un intero film a uso e consumo di un nome divenuto improvvisamente celebre o comunque sulla cresta dell’onda. E tra questi nomi non poteva non esserci Costantino Vitagliano, star del programma Uomini e Donne insieme al suo socio Daniele Interrante, ovvero i due tronisti più “bboni” del piccolo schermo. 

E siccome il Vipsploitation deve cogliere l’attimo di maggior successo del personaggio, ecco che, nel pieno del fulgore della coppia lanciata da Maria de Filippi, il buon Maurizione Costanzo butta giù in fretta e furia soggetto e sceneggiatura di Troppo Belli, commediola all’acqua di rose incentrata sulla figura di Costantino, giovane amato e venerato dalle ragazze ma sfortunato nel lavoro. Il Costa, insieme al suo compare Daniele, sogna Hollywood e finiscono entrambi nelle mani dell’ agente truffaldino Giampalmi (interpretato dal bravissimo Ernesto Mahieux, quello de L’imbalsamatore) che inizia a salassarli con corsi e book fotografici che non avranno mai un futuro. Non ci sta la figlia Michela (Jennifer Poli) segretamente innamorata di Costantino, la quale contatterà lo zio produttore per dare alla coppia di bellocci una possibilità. 

Una storia nella storia, visto che Costantino e Daniele hanno anche loro avuto l’occasione nel cinema con un ruolo da protagonisti assoluti, occasione tristemente naufragata con un flop storico in cui la produzione Medusa cacciò 2 milioni di euro (spesi non si sa dove vista la poraccitudine del film stesso) incassando appena 704.000 euro. Del resto la storia insegna che non bastano i nomi di richiamo, bisogna anche che questi nomi sappiano recitare, cosa che purtroppo qui non accade. Il duo Costa/Daniele riesce a malapena a togliersi la maglietta per mostrare fisici scultorei ma quando apre bocca siamo a livelli da Alex L’ariete, altro capolavoro con il quale Troppo Belli viene giustamente equiparato, anche se i due bellocci, devo esser sincero, mi sono sembrati un po' più espressivi rispetto ad Alberto Tomba (ma ci vuole poco, anzi pochissimo!). 

Certo quando partono i titoli ed esplode Quanti Amori di Gigi D’Alessio il pensiero ricorrente e quello di togliersi la vita, ma quello che ammorba il film, è la sua evidente inutilità, un film che non fa ridere, non da emozioni e nonostante la breve durata, è anche noiosetto e zuccheroso, con mamme dal cuore d’oro che si tolgono la pensione per darla a Costantino, fidanzate che lo amano anche se non ci stanno più insieme (dimenticavo, nel film partecipa anche la Pierelli, (ex) fidanzata del Costa), spasimanti che fanno di tutto per conquistarlo, canzoni melense e una ridda vomitevole di buoni sentimenti che neanche i musicarelli degli anni sessanta riuscivano a snocciolare. Insomma un film nato male, vissuto male dove la recitazione cagnesca dei due tronisti, alla fine, è solo la punta dell’iceberg. 

venerdì 11 ottobre 2024

STRIKE COMMANDO (1987)

Regia Vincent Dawn (Bruno Mattei e Claudio Fragasso) 

Cast Reb Brown, Luciano Pigozzi, Cristopher Connelly) 

Parla di “supersoldato disperso nella giungla fa strage di vietcong e russi semplicemente togliendosi la giacca”  

Ah! Che meraviglia i film di propaganda americana degli anni ottanta! Dopo Rambo II e Rocky IV, il modello a stelle e strisce mirava soltanto a mostrarci quanto gli Stati Uniti fossero buoni e potenti, giusti e risolutivi! Ma aspetta un attimo! Qui stiamo parlando di Strike Commando e il regista Vincent Dawn non è per caso Bruno Mattei sotto il suo arcinoto pseudonimo? In aggiunta l’aiuto regista nonché sceneggiatore non è quel Claudio Fragasso (coadiuvato dall’immancabile Rossella Drudi) celebre per il cultissimo Troll 2? Ma allora stiamo parlando di un film di propaganda americana che non è veramente americano ma, anzi, italianissimo! 

Si perché Strike Commando altri non è che l’ennesimo namsploitation girato nelle Filippine dove l’eroico muscoloso soldatone mascellone Ramson (Reb Brown) è un soldato della squadra speciale Strike Commando, sopravvissuto ad una missione suicida e abbandonato nelle foreste del Vietnam. Ovviamente il mascellone è un ammazzasette di proporzioni inaudite, spara a destra e sinistra colpendo sempre a segno senza venir mai scalfitto. Non solo, è anche gentile e premuroso con un gruppo di indigeni locali e fa amicizia con un bambino vietnamita che chiede sempre di raccontargli com’è Disneyland (se non è propaganda questa!) e quando i viet-cong supportati dai russi del crudele Jakoda (Alex Vitale) fanno strage nel villaggio, la sua vendetta sarà spietata.  Esplosioni di modellini a profusione, sparatorie come se non ci fosse un domani, il protagonista che passa il tempo a togliersi e rimettersi la giacca per mostrare quanto è muscoloso, scene copiate da Rambo II, Apocalypse Now e dulcis in fundo si ruba la celebre frase “Io ti spiezzo in due” di Rocky IV modificandola nel più banale “Io ti rompo in due!”. 

Si scopre pure che il Colonnello Radek (Cristopher Connelly) è una spiaccia russa e la vendetta di Ramson prosegue pure dopo la guerra, ai giorni nostri, quando giunge a Manila armato di supermitragliatrice (che normalmente si usa su un cavalletto ma lui la tiene ovviamente con una mano sola) e fa strage negli uffici di Radek, concludendo la sua opera con una bomba a mano in bocca a Jakoda, facendolo letteralmente esplodere in mille pezzi. Che dire, ci lamentiamo che gli americani sono esageratamente autoreferenziali ma in queste cose gli italiani sono ancora più esagerati, lo prova anche il fatto che, non avendone evidentemente abbastanza, si è provveduto a girare anche Strike Commando 2. Imperdibile comunque il bravo Luciano Pigozzi nel ruolo di un medico francese (ovviamente ubriacone). 

venerdì 4 ottobre 2024

CLASS OF NUKE 'EM HIGH 3: THE GOOD, THE BAD AND THE SUBHUMANOID (1994)

Regia Eric Louzil 

Cast Brick Bronsky, John Tallman, Lisa Star 

Parla di “ Roger che dopo aver sconfitto lo scoiattolo gigante diventa sindaco di Tromaville e padre di due gemelli, uno buono e uno, manco a dirlo, cattivo” 

Il terzo capitolo di una delle saghe più iconiche della Troma Entertainment non poteva che iniziare esattamente dalla fine del pazzesco finale del secondo, ovvero la distruzione della centrale nucleare di Tromaville operata da un ributtante quanto gigantesco scoiattolone mutante con il pessimo vizio di scoreggiare nubi tossiche. Un incipit che, peraltro, permette alla produzione di Kaufman & soci di riciclare qualche scena iniziale, quando il protagonista, un nerboruto quanto idiota Roger Smith (interpretato ancora da Brick Bronsky) riesce finalmente a sconfiggere il mostro diventando il sindaco di Tromaville. Purtroppo la sua compagna mutante partorisce, dall’oscena bocca applicata sullo stomaco, due gemelli Adlai e Dick e muore di parto.

Il gemello Dick viene rapito in fasce mentre Adlai cresce sotto l’egida del padre, uguale in tutto e per tutto al genitore (e infatti viene interpretato anche lui da Bronsky) che nel frattempo si è messo con Trisha (Lisa Star), splendida ragazza con un paio di difetti, scoreggia in continuazione e sbava acqua quando parla. Dick, intanto cresce sotto l’influsso malefico del suo rapitore, il malvagio Dr. Slag, Ph.D. (John Tallman), il quale ha scoperto che i due gemelli hanno entrambi un braccio radioattivo che si illumina ed è in grado di trasformare qualsiasi cosa in Plutonio. Ma se Adlai utilizza il suo potere per ricaricare la centrale di Tromaville, Dick (anche lui interpretato da Bronsky ma con parrucchino nero) vuole utilizzare il suo potere per scopi terroristici. Giunto stancamente alla conclusione della trilogia, il brand Class of Nuke’em High ci propone un titolo che richiama il cinema di Sergio Leone ma non va oltre a questo. Ci prova con una trama arzigogolata dove mancano totalmente nuove idee e si ricicla il già visto e sentito a oltranza. 


Anche gli effetti sono sempre uguali, gente che si scioglie, gente che vomita bava verde ma persino il gore, che per la Troma è un punto di riferimento fondamentale, latita in maniera devastante. Bronsky la fa da padrone e interpreta tre personaggi tutti uguali (persino il padre Roger che dovrebbe essere quanto meno invecchiato!) e questo è decisamente troppo per un lottatore di Wrestling alle prime armi come attore, il risultato sono una sequela di dialoghi farraginosi, un ritmo lento dove succede poco o nulla, le solite sequenze trash dove masse di punk scappano a destra e a sinistra senza un motivo preciso e qualche scureggia come unico elemento dissacrante. Troppo poco per un film della Troma, che ha sempre sbandierato l’eccesso come il suo marchio di fabbrica. 

venerdì 27 settembre 2024

BIRI BENI GÖZLÜYOR AKA SHINING TURCO (1988)

 Regia Ömer Ugur 

Cast Tarik Tarcan, Selin Dilmen, Erhan Keçeci 

Parla di “scrittore sfigato giunge su isola con moglie e figli per fare il guardiano ad un motel deprimente…poi non so perché mi sono addormentato!” 

Nell’irrefrenabile febbre del rip-off non autorizzato che esplose in Turchia tra gli anni settanta e la fine degli ottanta, non poteva certo mancare il capolavoro horror di Stanley Kubrick. Ecco quindi che, con un bel po’ di ritardo rispetto al film originale, alla fine degli eighties spunta fuori lo Shining turco, così come è comunemente identificato Biri Beni Gözlüyor (che tradotto significa Qualcuno mi sta guardando). Ma, se l’idea di base è associabile al celebre romanzo di Stephen King, il regista Ömer Ugur (anche autore della sceneggiatura) apporta alcune modifiche. 

Analogalmente all’originale anche qui il protagonista Hulki (Tarik Tarcan) è uno scrittore, ma qui si specifica meglio anche il genere di romanzi che l’autore scrive, infatti è un giallista (o qualcosa di simile), l’ambientazione però cambia totalmente, dalle fredde montagne del Colorado, si passa ad un albergo posizionato su un isoletta sperduta, ma mentre l’Overlook presentava, almeno da fuori, un’architettura accattivante, l’hotel del clone turco sembra un complesso di alloggi popolari, di una tristezza e sfacelo che mettono più ansia di tutto quello che succede nel film, anche perché alla fine non succede nulla. Arrivati sull’isoletta con una barca che non si capisce come possa stare a galla, lo scrittore con la moglie Leman (Selin Dilmen) e il figlio Ufuk, incontrano il guardiano Mahmut che sembra un maniaco sessuale tutto sdentato.  Ovviamente nell’albergo è accaduto un fatto di cronaca nera, il precedente guardiano ha strangolato la famiglia e si è impiccato (con la sigaretta in bocca…viene specificato!), questo evento suscita in Hulki una forte spinta a scrivere il suo nuovo romanzo. Ora, a parte che il bambino non possiede alcuna luccicanza, i genitori lo vestono in maniera ridicola, quindi almeno lui soddisfa la nostra esigenza di trash. 

Il resto del film invece è tutto un litigare tra moglie e marito e, a parte un macabro scherzo di Hulki che si finge impiccato, possiamo anche farci una pennica che tanto si arriva al finale senza alcun problema, finale che cambia totalmente da quello kinghiano, qui muoiono il bambino (ucciso dalla madre) e la moglie, lui sopravvive e scriverà il suo romanzo perfetto. Nel film vengono inserite musiche rubate qua e là, tra cui il celebre solo d’archi di Psycho, la fotografia è inesistente (e infatti le scene notturne sono indecifrabili talmente sono scure), la recitazione non pervenuta, si salva solo il bel visetto della Dilmen, ma per il resto ci si annoia parecchio. 

giovedì 19 settembre 2024

VISITORS – I NUOVI EXTRATERRESTRI

(Los Nuevos Extraterrestres, 1983) 

Regia Juan Piquer Simón 

Cast Ian Sera, Nina Ferrer, Susan Blake 

Parla di “meteorite cade sulla terra e vomita mammuth pelosi a due zampe, uno fa amicizia con un bambino, l’altro fa una strage!” 

Ci sono film che, già in fase di produzione, partono con il piede sbagliato e, per quanto ci si possa impegnare, andrà sempre peggio e il risultato sarà un disastro completo. Con questa nota di ottimismo salutiamo la visione di questo Los Nuevos Extraterrestres, coproduzione ispanico-francese anni ottanta contraddistinta da una bruttezza quasi raffinata. Roba che si è ritagliata quasi un’aura da cult-movie ma non ce l’ha fatta neanche in questo caso, finendo dimenticata da tutti all’interno di oscure vhs destinate al macero. Le prime sequenze dovrebbero indicare un meteorite in viaggio verso la Terra anche se non si capisce bene perché le scene cambiano continuamente alternando panorami stellari a vedute del nostro pianeta minacciato da questo pietrone bucherellato. 

Sulla Terra intanto tre bracconieri si inoltrano in un bosco dominato da vapori artificiali con i quali l’addetto agli effetti speciali evidentemente esagera, perché più di una volta non si vede un cazzo di niente sulla scena dal fumo che esce. Comunque vediamo questi tre tizi (uno addirittura con la balestra, wow!) armati fino ai denti e per cosa? Praticamente delle uova! Si perché salgono su un albero e rubano una serie di ovetti dal nido. “Con questi ci faremo un sacco di soldi!” – Esulta uno dei tre (e poi scopriremo che il colpaccio gli renderà ben trenta dollari!). Intanto dal cielo cade il meteorite in una pozza di fuoco da cui cola di tutto, alla finestra abbiamo il solito ragazzino secchione con telescopio incorporato, gattino appeso ai coglioni, un coniglio, un criceto e una scolopendra (perché fa collezione di insetti).  

Intanto in città c’è un giovane cantante ricciolone che incide in sala prove un pezzo di dubbia qualità, ma siccome non è soddisfatto del lavoro, la registrazione si interrompe e decide di prendere il camper e andare in vacanza nei boschi con amici e amiche al seguito. Nel frattempo uno dei tre bracconieri entra in una caverna e scopre un ambientazione tipo Alien con uova appoggiate a terra e una minacciosa luce rossa emanata da una strana cosa pulsante.  Il tizio prende un bastone e spacca tutte le uova ma due mani pelose lo agguantano e lo fanno fuori. Poi tocca ad una delle ragazze del camper, gli amici la ritrovano cadavere e la portano a casa del ragazzino, i cui genitori sembrano in realtà i suoi nonni. 

Frattanto gli altri due bracconieri, rimasti nel bosco si recano in un capanno e scompaiono dal film per poi essere ritrovati morti verso la fine (tutte le vittime dell’alieno hanno in testa dei brillantini luminosi). Il ragazzino trova la caverna e scopre un uovo ancora intatto e decide di covarselo in cameretta. Nascerà Trampy il suo amichetto alieno che è una specie di incrocio tra Dumbo e il sasquatch, una cosa da far rabbrividire proprio! Del resto anche il papà di Trampy non è che sia bellissimo e per di più è cattivello e riesce ad ammazzare le persone semplicemente spingendole da parte. 

Come avrete inteso da questa trama bislacca, recitata male e realizzata anche peggio (vedetevi il costume dell’alieno e mi direte!), non si capisce da che parte si vuole andare. Il film oscilla tra la commedia extraterrestre tipo E.T. e roba del genere ed un fantahorror con un bodycount invidiabile in stile Alien. Del resto il regista Juan Piquer Simón voleva girare un film dell’orrore con un alieno assassino mentre i produttori volevano l’ennesimo Clone di un film per ragazzini. Alla fine nessuno ottenne quello che voleva e a noi, poveri spettatori, ci toccò l’ennesimo bruttissimo film anni ottanta.