venerdì 10 gennaio 2025

TURKISH I SPIT ON YOUR GRAVE

(Intikam Kadini 1979) 

Regia Naki Yurter 

Cast Zerrin Dogan, Cesur Barut, Recep Filiz 

Parla di “giovane e bella contadinotta violentata da quattro agenti immobiliari diventa seduttrice che pianifica la sua mortale vendetta”  

Raschiando nel fondo del barile delle produzioni turche degli anni settanta si trova anche un remake non autorizzato del cult di Meir Zarchi, uno dei maggiori esponenti del genere Rape & Revenge. Se da un lato può sorprendere l’allegra baldanza della Birlik film che ne finanziò la lavorazione, dall’altro appariva palese come questa fosse l’occasion
e giusta per spingere l’accelleratore verso il softcore, con ampia esposizione di corpi femminili nudi e scene di sesso (mal) simulato. Se l’originale “I spit on your grave” calcava la mano, infatti, verso la violenza sia nell’atto dello stupro che nelle sue crudeli conseguenze (evirazioni, maciullamenti con eliche di motoscafo, ecc.) qui sangue e ammazzamenti sono decisamente edulcorati mentre invece Intikam Kadini si mostra generoso con il sesso e la carnazza. 

Su una strada di campagna, quattro agenti immobiliari rimangono senza benzina e decidono di passare la notte in una piccola fattoria abitata dalla giovane contadinotta Aysel (Zerrin Dogan) e dal suo vecchio padre. Il mattino dopo, mentre la ragazza sta lavorando nel fienile, uno degli ospiti le salta addosso, la picchia e la violenta, lo raggiunge il collega Osman (Cesur Barut) che gli da il cambio. Gli altri due immobiliaristi, svegliatisi senza trovare traccia degli amici, ammazzano di botte il vecchio padre (così senza motivo) salvo poi accodarsi anche loro allo stupro di gruppo. La povera Aysel, resasi conto di quanto accaduto, decide prima di suicidarsi e qui il regista Naki Yurter si diverte un mondo a mandare avanti e indietro lo zoom della macchina da presa in una sequenza a dir poco psicotica. Ritroviamo Aysel poco dopo, trasformata in una sciantosa seduttrice pronta alla vendetta, ma non prima che Osman ci regali una piccola scena di sesso con la sua segretaria. Il poveretto incontra in un bar Aysel ma non la riconosce (tutti gli stupratori comunque dichiarano di averla già vista da qualche parte), peggio per lui, perché una volta giunti in camporella, Aysel lo travolge con l’auto facendolo cadere sugli scogli. Tocca poi al collega ciccione e deficiente, che viene sgozzato in barca. Il terzo, sinceramente, non si capisce bene cosa gli accade, perché ad un certo punto lo troviamo annegato in piscina con una bottiglia che gli galleggia a fianco. 

Con l’ultimo stupratore (che poi è stato il primo a violentarla) le cose vanno un po’ più per le lunghe perché la vendetta è un piatto che si consuma freddo. E infatti Aysel si concede con lui una lunga ed estenuante (almeno per lo spettatore) scena di sesso sugli scogli dove possiamo ammirare le forme giunoniche della bella Zerrin in tutto il suo splendore mediterraneo. Il finale lascia decisamente a desiderare quando Aysel si rivela al suo carnefice mettendosi semplicemente un fazzoletto in testa e pigliandolo a forconate nella pancia. Il poveretto, morente, si pente del male che ha fatto alla povera Aysel dicendogli semplicemente “Hai fatto bene!” prima di schiattare in mezzo alla paglia. Pur nella sua grettezza il film ha almeno il pregio di durare un’oretta scarsa in cui è impossibile annoiarsi (se non per le ridicole scene di sesso). Attenzione alle musiche, che passano dal latino americano alla dance elettronica primordiale, alcuni brani sono palesemente copiati (com’è noto nel cinema turco) ma sinceramente non saprei dire dove.   


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