giovedì 14 dicembre 2023

LA GUERRA DEI MUTANTI

(Mutant Hunt, 1987) 

Regia Tim Kincaid 

Cast Rick Gianasi, Bill Peterson, Mary Fahey 

Parla di “cattivone del futuro prossimo impoverito dalla mancanza di budget, tenta di trasformare androidi in assassini ma questi invece iniziano a sorridere come deficienti” 

Se pensavate che con “Robot Holocaust” il regista Tim Kincaid avesse detto l’ultima parola in fatto di trash movie, vi siete sbagliati di brutto. Si perché mentre il regista americano, oggi divenuto un nome di punta nel genere porno gay, spennellava mostriciattoli di gomma e improbabili robot di cartapesta, in contemporanea preparava un altro capolavoro del brutto,  se possibile anche peggiore. Parliamo di Mutant Hunt, altra perla imperdibile per chi pensa che gli anni ottanta siano stati il canto del cigno del peggior cinema trash di genere, uscito da noi in sordina con il titolo “La Guerra dei Mutanti”, “Mutant Hunt” tenta di sfruttare la corrente filmica sulla scia del successo di “Terminator” ma senza il becco di un quattrino, e purtroppo per lui, non tenta neanche di mascherare questa pochezza di intenti. Nelle prime scene c’è Z (Bill Peterson) una sorta di imprenditore del futuro con un vestito assurdo che estremizza la moda delle spalline gonfiate degli eighties. 

Il viscido manager scopre che una certa sostanza inserita nei pacifici androidi operai (chiamati, almeno nel doppiaggio italiano, inspiegabilmente mutanti), li trasforma in assassini e confeziona così un’arma da vendere in giro per il mondo. A contrastarlo ci sono un gruppo di cacciatori di androidi (Blade Runner docet) vestiti con orrende tutine verdi e muscolazzi in bella mostra. Dal canto loro gli androidi hanno tutti un taglio di capelli a zazzera e occhiali da sole mentre sfoderano assurdi sorrisi da deficienti. La cosa divertente è che per tutto il film i robot ammazzano solo le donne mentre i maschi riescono sempre a fargli il culo con improbabili mosse di kung fu. Poi quando gli androidi afferrano una vittima sembra che effettuino una mossa di balletto sollevando in alto per i fianchi le persone per poi buttarle contro il muro o lanciarle fuori dalla finestra. Siccome poi al peggio non c’è mai fine, ai robot viene dato anche il potere di allungare gli arti con sequenze oltre ogni comicità ragionevole. 

C’è anche un cyborg tutto sgarruppato che riesce a parlare e pensare meglio degli altri colleghi più in forma, lo vediamo con la bocca staccata e un lampeggiante in gola che ricorda uno stronzo penzolante. Il tutto si svolge all’interno di una specie di capannone pieno di finestre e balconi in cemento grezzo, un set probabilmente riciclato in qualche ex carcere o roba del genere. Le scene di action, se fossero girate da tartarughe (non ninja ovviamente) sarebbero poi più adrenaliniche, ma Kincaid da comunque il meglio nei dialoghi assurdi del tipo “Ti ho messo una bomba nel collo, se non parli ti faccio esplodere” – “Parlo ma solo se mi togli la bomba dal collo” – “D’accordo ti tolgo la bomba ma poi parli eh!” (Vi lascio immaginare la conclusione della scena più cretina al mondo). Nel finale arriva anche l’apoteosi del ridicolo con un mostruoso androide bendato come una mummia e spacciato inizialmente come la quintessenza dell’erotismo che si rivela di una bruttezza assurda con un faccione da mangiatore di hamburger. Diciamocela tutta, pochi registi hanno osato regalare al cinema tanta pochezza e povertà, fra questi Kincaid è un vero e proprio diamante grezzo. Del resto dai diamanti non nasce niente mentre dalla merda… 

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