giovedì 27 aprile 2023

MALADOLESCENZA

 (1977)

Regia Pier Giuseppe Murgia

Cast Eva Ionesco, Lara Wendel, Martin Loeb

Parla di “una calda estate per tre adolescenti tra innocenti barbarie, sesso e morte”

Di recente i Social si sono infiammati per la causa perpetrata alla Paramount Pictures da parte di Olivia Hussey e Leonard Whiting, interpreti del Giulietta e Romeo (1968), a causa di una scena di nudo non autorizzata in quanto all’epoca minorenni. Sebbene faccia un po' ridere che due anziani attori producano una causa per un film dopo più di 50 anni, la querelle ha riportato a galla, in qualche commento letto qua e là, un altro film ben più scandaloso dello zuccherificio shakespeariano di Zeffirelli, un’opera controversa e a tratti disturbante dove il nudo pre-adolescenziale non solo è apertamente mostrato ma raggiunge vette oggi impensabili se non dietro immediato sequestro e carcerazione di tutta la troupe per reiterata pedofilia. Il film in questione è Maladolescenza, una produzione Tedesco/italiana diretto dall’allora esordiente Pier Giuseppe Murgia in cui si narra di un’estate molto particolare per Laura e Fabrizio, due ragazzetti che gironzolano per i boschi durante le vacanze estive, incontrano la bionda Silvia e inizia un menage a trois molto particolare, tra abitazioni apparentemente vuote, grotte e rovine immerse nella vegetazione. 

Il giovane Fabrizio è un dispotico schizzato che praticamente dorme nei boschi, si diverte a trattar male la giovane e ingenua Laura fino a sedurla carnalmente. L’incontro con Silvia fa scoppiare una passione che sfocerà purtroppo nella tragedia finale. Maladolescenza non lesina nel mostrare i corpi acerbi ed efebici dei tre giovani protagonisti e in particolare quello dell’undicenne Eva Ionesco che aveva già dato scandalo grazie a delle foto realizzate dalla madre Irina con cui offriva al pubblico la carnalità innocente della figlia senza alcun velo. Ed in effetti la macchina da presa indugia senza ritegno sulle parti intime della Ionesco dove invece la riproduzione dei movimenti sessuali da parte dei giovanissimi risulta alquanto grossolana, del resto anche la recitazione risulta spesso forzata generando spesso una sensazione surreale. 

Il film non fu scevro dal generare scandali alla sua uscita e, difatti venne tagliato nelle prime edizioni Home Video. Oltre alla Ionesco recitano anche l’allora diciasettenne Martin Loeb e una Lara Wendel all’epoca undicenne che ritroveremo in molto cinema di genere successivo. Murgia mette in scena erotismo e crudeltà barbarica quasi fossero giochi adolescenziali, una sorta di stadio selvatico che accompagna i bambini verso l’età adulta e li rende capaci di una cattiveria che, per certi versi, ricorda Il signore delle Mosche. Nel mezzo della trama appare e scompare senza alcun senso, se non quello puramente metaforico, un cane lupo, probabilmente a simboleggiare il diavolo incarnato e tentatore o forse semplicemente la bestia nuda e cruda, quella che alberga dentro ognuno di noi ma soltanto nei boschi trova la sua strada per uscire allo scoperto.  


giovedì 20 aprile 2023

MERIDIAN

Regia Charles Band 

Cast Charlie Spradling, Malcolm Jamieson, Sherilyn Fenn 

Parla di “giovane castellana viene drogata e stuprata da bestia che si trasforma solo quando è innamorata” 

Nel proseguire la storia di quei film che “avrebbero potuto essere ma non sono stati” si deve necessariamente citare quest’adattamento in salsa horror romantico della celebre fiaba “La bella e la bestia” realizzata dalla Full Moon Entertainment. Un’opera che, dalle premesse, avrebbe dovuto rappresentare il canto del cigno di Charles Band, abituato a realizzare film a basso costo, con effetti artigianalmente splendidi ma di fattura alquanto grossolana. La produzione si sposta in Italia e gira in due splendide location che il regista sfrutta a dismisura già dalle prime inquadrature quando vediamo una sorta di eterea quanto lentissima processione di circensi che escono dalla bocca dell’orco del parco dei mostri di Bomarzo, nel viterbese. 

La storia prosegue con l’apparizione della giovane pittrice Gina (Charlie Spradling accreditata nei titoli solo come Charlie) che deve ristrutturare un quadro donato alla chiesa dalla famiglia Bomarzini. Prima di iniziare Gina va ad accogliere Catherine, ultima della casata dei Bomarzini e signora del castello (che è poi il castello di Giove a Terni). Le due ragazze si recano a vedere uno spettacolo circense in strada ed ammaliate da Lawrence (Malcolm Jamieson), il padrone del circo, decidono di invitare gli artisti per una cena al maniero che sembra uscito da qualche filmaccio medioevale. Il sempiterno Phil Fondacaro, forte della sua altezza limitata, passeggia sul tavolaccio e offre alle ragazze del vino drogato. A questo punto vediamo il nano lustrarsi la lingua mentre Gina appare confusa, ma non si saprà mai se l’ha stuprata o meno. Catherine invece viene sedotta dal e poi violentata da una bestia pelosa che si scoprirà essere Oliver, il fratello gemello di Lawrence il quale, se innamorato si trasforma in un mostro belluino con la faccia da idiota. La storia tende poi a incasinarsi inutilmente. Scopriamo che la governante di Catherine è un fantasma, che una sua antenata è stata uccisa a colpi di balestra dalla creatura (seppur non intenzionalmente). 

Poi c’è Lawrence che è cattivo ma ama il fratello, Oliver, il quale tenta di suicidarsi ma non può perchè solo chi lo ama lo può ferire e il fratello, sadicamente, si rifiuta di farlo. Il tutto in un’atmosfera soffusa, da telenovela sbiadita dove, a un certo punto, si tenta anche di mostrare la trasformazione belluina del mostro sullo stile di “Un lupo mannaro americano a Londra” ma si vede che poi, sono finiti i soldi, perché a metà mutazione la sequenza si interrompe. Band ingaggia l’allora pagatissima Sherilyn Fenn, reduce da Twin Peaks e Cuore Selvaggio di David Lynch, affinchè mostri più carnazza possibile davanti alla macchina da presa, musica con il maestro Pino Donaggio e si fa sceneggiare  il tutto dal bravo Dennis Paoli (Re-Animator, From Beyond) ma il risultato collassa proprio nell’eccesso di estetismo e romanticismo d’accatto che trasformano quello che doveva essere il film più mainstream di Band in una farsa grottesca senza né capo né coda.

giovedì 13 aprile 2023

VAMPIRE HOOKERS

 (1978) 

Regia Cirio H. Santiago 

Cast John Carradine, Karen Stride, Bruce Fairbairn 

Parla di “coppia di marinai in cerca di donzelle rimangono invischiati in una trama di vampiri dai gusti raffinati” 

Versatilità all’ennesima potenza, una delle caratteristiche che hanno contraddistinto la lunga e prolifica carriera del regista filippino Cirio H. Santiago, capace di passare dalle commedie al cinema di arti marziali, passando per l’horror e la blacksploitation. Tutto questo con la capacità di rendere credibile il prodotto finale pur abbacinandolo con un’estetica weird assolutamente unica. Tra le sue opere, questo Vampire Hookers è sicuramente una delle più assurde. Basterebbe, per intenderci, la scena cult in cui il servo tonto del vampiro Richmond Reed (John Carradine) si chiude in una bara di cartone e si mette a respirare tramite un tubicino mentre da sfogo alla sua corposa flatulenza. Una sequenza che fa ridere solo per l’assurdità di averla pensata, perché poi a livello pratico, è realizzata con una grossolanità esasperata, tipica del cinema a zero budget. 

La trama vede un paio di marinai americani interpretata da una coppia di non attori (Bruce Fairbairn e Trey Wilson) alla ricerca di donnine facili. Prima assaggiano inconsapevoli un prodotto locale (siamo ovviamente nelle Filippine) a base di feto d’anatra, poi finiscono in un locale di transessuali mentre un loro commilitone viene abbordato dall’ammaliante Cherish (Karen Stride) che lo porta direttamente al cimitero dove, nascosto sotto una cripta, c’è un vero e proprio rifugio per vampiri di cui Carradine è ovviamente il capo. Vestito con uno sgargiante completo color panna, il buon vecchio John passa il tempo a declamare Walt Whitman asserendo che un poeta così bravo a descrivere la morte non poteva essere altro che un vampiro. Il resto del gruppo sono tre avvenenti ragazzone di cui una lamenta di non potersi concedere un’abbronzatura solare. 

Il ritmo, seppur non frenetico, riesce comunque a mantenere discretamente alta l’attenzione sulle vicende, il livello di humor snocciolato invece, è di una grana talmente grossa che si fatica persino a sorriderne, se non mossi a pura compassione. Lo stile alla Gianni e Pinotto dei due marmittoni, tra scazzottate e figuracce, potrebbe essere interpretato come una satira sulla stupidità del maschio americano medio (che per il vampiro Reed rappresenta una prelibatezza), ma il livello generale (i vampiri stufi del Bloody Mary, il servo che si dispera perché non riesce a bere il sangue, ecc. ecc.) denota una piattezza e una superficialità che solo un regista abituato a sfornare pellicole a ritmo industriale poteva regalarci, avendo comunque l’accortezza di non far mancare nulla allo spettatore (sangue, violenza, sesso e nudità varie) come ogni prodotto di exploitation degno di questo nome. 

venerdì 7 aprile 2023

L’ ULTIMA ODISSEA

(Damnation Alley, 1977)

Regia Jack Smight

Cast George Peppard, Jan-Michael Vincent, Dominique Sanda

Parla di “sopravvissuti alla distruzione del mondo, organizzano una gita su un furgone blindato per ritrovare tracce di umanità scomparsa”

Non è sempre detto che per fare un buon film trash occorra un budget ristretto se non azzerato, Damnation Alley è la dimostrazione che anche con 8 milioni di dollari si può realizzare un prodotto pessimo, ridicolo e imbarazzante, al punto da riuscire persino a inimicarsi lo scrittore Roger Zelazny, autore del romanzo originale (pubblicato in Italia nella collana Urania con il titolo “La pista dell’orrore”). A Zelazny, infatti, fu proposta una sceneggiatura diversa da quella che venne alla luce successivamente, probabilmente al solo scopo di acquisire i diritti del libro e l’antieroe Tanner (interpretato nel film da Jan-Michael Vincent) diviene poco più di una macchietta stupidina che passa tutto il film a sgasare con la motocicletta, sfrecciando in mezzo a scorpioni ingigantiti alla meno peggio e incollati sulla pellicola con una resa finale a dir poco grossolana. 

Si parla di terza guerra mondiale ed infatti il regista Jack Smight, autore di un paio di blockbusters ben piazzati come Airport ’75 e Midway, ci propina nel prologo tutta la preparazione al lancio dei missili da parte dell’esercito americano, con George Peppard che gira la dannata chiavetta pronta a distruggere il mondo, con una nonchalance invidiabile. Dopo una lunga esposizione di scene di repertorio sul fungo atomico ripreso in tutte le salse, ecco che le didascalie ci consegnano al nuovo mondo post atomico dove la base americana è rimasta intatta nonostante le esplosioni atomiche ma basta una sigaretta dimenticata su un giornalino porno a far saltare tutto quanto e costringere il maggiore Denton (sempre Peppard!) a iniziare una specie di viaggio iniziatico verso la speranza con un mezzo blindato talmente avanzato che sembra sia tenuto insieme al centro con il nastro adesivo. Insieme a lui Tanner e Keegan (Paul Winfield). L’obiettivo è superare una zona desertica chiamata per l’appunto Damnation Alley con lo scopo di raggiungere Albany dove c’è speranza di una nuova civiltà. Durante il viaggio i tre passano a Las Vegas dove iniziano a giocare con tutte le slot machine disponibili e incontrano Janice (Dominique Sanda) che salta loro al collo dalla contentezza. Fermatisi a far rifornimento vengono assaliti da schifosissimi scarafaggi carnivori che trasformano le vittime umane in scheletri della lezione di anatomia. L’effetto che fa muovere in branco le blatte è veramente ridicolo, sembrano enormi fogli di cartone sopra al quale vengono incollati gli insetti recalcitranti e trasportati in giro con fili invisibili. 

Sopravvissuto alle blatte (ma Keegan viene divorato vivo) il gruppo incontra un ragazzino che li accoglie a sassate e viene convinto ad unirsi ai sopravvissuti solo dopo una lunga lotta. Giunti in una stazione di rifornimento devono affrontare un gruppo di desperados armati e infine, affrontare una tempesta magnetica che li porterà addirittura in fondo al mare, anche se poi dal parabrezza del veicolo sembra solo che piova. Nel film succede poco o nulla, le ambientazioni vengono filtrate di continuo con colorazioni virate al seppia ma di post atomico si vede poco o nulla. Il film venne accolto malissimo all’epoca e riuscì a raccattare si e no la metà del budget speso, anche se, guardando gli effetti e le ambientazioni, più inclini ad un B – Movie che altro, non si capisce bene dove siano finiti tutti quei soldi di produzione. Rimane un mistero, peraltro, come abbia fatto Dominique Sanda a passare da Bresson e De Sica a questo filmaccio di quart’ordine.  Fatto sta che il film è oggettivamente fatto male, con una scrittura banale dove manca totalmente la percezione del post atomico che tanti altri film, con budget di molto inferiori a questo, sono riusciti a trasmettere alla perfezione.