(Damnation Alley, 1977)
Regia Jack Smight
Cast George Peppard, Jan-Michael Vincent, Dominique Sanda
Parla di “sopravvissuti alla distruzione del mondo, organizzano una gita su un furgone blindato per ritrovare tracce di umanità scomparsa”
Non è sempre detto che per fare un buon film trash occorra un budget ristretto se non azzerato, Damnation Alley è la dimostrazione che anche con 8 milioni di dollari si può realizzare un prodotto pessimo, ridicolo e imbarazzante, al punto da riuscire persino a inimicarsi lo scrittore Roger Zelazny, autore del romanzo originale (pubblicato in Italia nella collana Urania con il titolo “La pista dell’orrore”). A Zelazny, infatti, fu proposta una sceneggiatura diversa da quella che venne alla luce successivamente, probabilmente al solo scopo di acquisire i diritti del libro e l’antieroe Tanner (interpretato nel film da Jan-Michael Vincent) diviene poco più di una macchietta stupidina che passa tutto il film a sgasare con la motocicletta, sfrecciando in mezzo a scorpioni ingigantiti alla meno peggio e incollati sulla pellicola con una resa finale a dir poco grossolana.
Si parla di terza guerra mondiale ed infatti il regista Jack Smight, autore di un paio di blockbusters ben piazzati come Airport ’75 e Midway, ci propina nel prologo tutta la preparazione al lancio dei missili da parte dell’esercito americano, con George Peppard che gira la dannata chiavetta pronta a distruggere il mondo, con una nonchalance invidiabile. Dopo una lunga esposizione di scene di repertorio sul fungo atomico ripreso in tutte le salse, ecco che le didascalie ci consegnano al nuovo mondo post atomico dove la base americana è rimasta intatta nonostante le esplosioni atomiche ma basta una sigaretta dimenticata su un giornalino porno a far saltare tutto quanto e costringere il maggiore Denton (sempre Peppard!) a iniziare una specie di viaggio iniziatico verso la speranza con un mezzo blindato talmente avanzato che sembra sia tenuto insieme al centro con il nastro adesivo. Insieme a lui Tanner e Keegan (Paul Winfield). L’obiettivo è superare una zona desertica chiamata per l’appunto Damnation Alley con lo scopo di raggiungere Albany dove c’è speranza di una nuova civiltà. Durante il viaggio i tre passano a Las Vegas dove iniziano a giocare con tutte le slot machine disponibili e incontrano Janice (Dominique Sanda) che salta loro al collo dalla contentezza. Fermatisi a far rifornimento vengono assaliti da schifosissimi scarafaggi carnivori che trasformano le vittime umane in scheletri della lezione di anatomia. L’effetto che fa muovere in branco le blatte è veramente ridicolo, sembrano enormi fogli di cartone sopra al quale vengono incollati gli insetti recalcitranti e trasportati in giro con fili invisibili.
Sopravvissuto alle blatte (ma Keegan viene divorato vivo) il gruppo incontra un ragazzino che li accoglie a sassate e viene convinto ad unirsi ai sopravvissuti solo dopo una lunga lotta. Giunti in una stazione di rifornimento devono affrontare un gruppo di desperados armati e infine, affrontare una tempesta magnetica che li porterà addirittura in fondo al mare, anche se poi dal parabrezza del veicolo sembra solo che piova. Nel film succede poco o nulla, le ambientazioni vengono filtrate di continuo con colorazioni virate al seppia ma di post atomico si vede poco o nulla. Il film venne accolto malissimo all’epoca e riuscì a raccattare si e no la metà del budget speso, anche se, guardando gli effetti e le ambientazioni, più inclini ad un B – Movie che altro, non si capisce bene dove siano finiti tutti quei soldi di produzione. Rimane un mistero, peraltro, come abbia fatto Dominique Sanda a passare da Bresson e De Sica a questo filmaccio di quart’ordine. Fatto sta che il film è oggettivamente fatto male, con una scrittura banale dove manca totalmente la percezione del post atomico che tanti altri film, con budget di molto inferiori a questo, sono riusciti a trasmettere alla perfezione.