lunedì 4 luglio 2022

SCHIAVE BIANCHE – VIOLENZA IN AMAZZONIA

(1985) 

Regia Mario Gariazzo 

Cast Elvire Audray, Will Gonzales, Rik Battaglia 

Parla di “diciottenne rapita dai tagliatori di teste, sviluppa odio e amore per il suo selvaggio aguzzino” 

Girato da Mario Gariazzo con lo pseudonimo anglofono Roy Garrett, un regista più ispirato dalle stelle (avendo diretto cult come Occhi dalle stelle e Incontri molto ravvicinati…del quarto tipo) che dalla terra e men che meno dalla foresta amazzonica, Schiave bianche è stato più volte catalogato come cannibal movie, non fosse per il piccolo particolare che di cannibali, in questo film, non ce n’è assolutamente traccia. La storia prende il via come una confessione processuale della protagonista, la diciottene Catherine (interpretata dalla francese Elvire Audray), accusata di doppio omicidio. La giovane, durante il processo, decide di confessare tutto, non fosse che a inizio film, la stessa racconta la sua storia ad un giornalista italiano. Quindi la narrazione è il racconto di un racconto? Boh! In ogni caso, partiamo da quando la ragazza ha la sventurata idea di tornare dai suoi genitori nella foresta amazzonica per festeggiare il suo compleanno su una barca. 

La festa si trasforma in un bagno di sangue a base di spilloni di curaro che perforano collo e occhi dei genitori. Catherine viene quindi rapita dai tagliatori di teste e portata nel cuore della foresta dove vivrà con gli indigeni, dapprima come schiava, in seguito poi liberata dall’aitante Umukai il quale, nel frattempo si innamora di lei, non fosse che viene considerato dalla ragazza come il fautore della strage e sul quale, per tutto il film, mediterà propositi di vendetta. Per quanto riguarda le caratteristiche del cannibal movie, il film presenta solo un’ambientazione forestale, qualche scena selvaggia come il giaguaro che si mangia la scimmietta (niente a che vedere con tartarughe e maialini uccisi in Cannibal Holocaust), qualche combattimento tribale, stupri selvaggi e scene splatter, alcune peraltro gratuite come quella del coccodrillo che stacca una coscia ad un selvaggio. Non manca poi la denuncia etica con un massacro di indios da parte delle corporazioni assassine che inviano mercenari assetati di sangue a smitragliare donne e bambini dall’elicottero. 

Rispetto a Cannibal Holocaust, qui siamo su un altro pianeta e bene fece Ruggero Deodato a non accettarne la regia all’epoca, optando tra l’altro per il bellissimo Inferno in Diretta che, per chi scrive, è uno dei suoi migliori lavori. Quello che colpisce in assoluto del film di Gariazzo, è questo assurdo contrasto tra il gore spinto di alcune scene (tra cui alcune decapitazioni ben dettagliate, degne del miglior Fulci) e lo zuccheroso romanticismo della storia d’amore tra Catherine e il guerriero Umukai (interpretato da Will Gonzales) che innamorato cotto, diventa nei suoi confronti poco più di uno zerbino. Un contrasto che ha il sapore del trash più concettuale, accentuato dalla musica smielata di Franco Campanino che sembra voler plagiare da un momento all’altro il celebre commento musicale di Riz Ortolani scritto per il capolavoro di Deodato. Sceneggia Franco Prosperi che aveva già dato con il genere in Natura Contro e la Dea Cannibale. 


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