martedì 10 novembre 2020

ROBOT NINJA

(1989) 

Regia: J.R. Bookwalter 

Cast: Michael Todd, Bogdan Pecic, Maria Markovic 

Genere: Horror, Action, Fantascienza 

Parla di “disegnatore di fumetti si immedesima troppo nel suo personaggio e prende un sacco di mazzate” 

Certi sodalizi sono fatti per creare opere da cui sai già cosa aspettarti, una volta compreso il grado di qualità prodotta in precedenza dai singoli personaggi. Ed infatti dall’unione di intenti profusa da David DeCoteau, produttore e regista di stampo cormaniano nonché autore di temibili “cult” (uno su tutti l’imbarazzante sci-fi Creepozoids) e il regista J.R. Bookwalter, fresco della produzione di uno zombie movie amatorialissimo come The Dead next door, non ci aspettavamo propriamente un’opera di raffinata impronta autoriale. Eppure Robot Ninja, se si supera l’imbruttimento iniziale e si raggiunge la fine, non è poi così male. La confezione è sicuramente terribile, a cominciare dai bruttissimi fumetti maldisegnati, veri leit motiv di questa storia, che per l’appunto vede protagonista Leonard Miller (Michael Todd) un disegnatore di comics, arrabbiato e deluso dall’ennesimo stupro artistico perpetratogli dal mondo televisivo colpevole di aver snaturato la sua creatura (per l’appunto l’eroico Robot Ninja del titolo), improvvisatosi giustiziere notturno dopo essersi fatto costruire dall’amico scienziato Hubert Goodknight, interpretato da Bogdan Pecic (da qui un pout pourri di battutine da asilo mariuccia del tipo “goodnight Goodknight”), un completo che riecheggia completamente il personaggio dei suoi fumetti. 

Divisa all black con tanto di spalline anni ottanta decorate con shuriken staccabili, fascia rossa in vita, guanto con lame stile Freddy Krueger e mascherone da saldatore dotato di correttore vocale robotico  (tanto per giustificare l’appellativo Robot prima di Ninja), il nostro eroe comincia a vagare nelle ore notturne strafatto di psicofarmaci e deve vedersela con una banda di disperati capitanata da una certa Gody Sanchez (Maria Markovic) che si diverte a stuprare e uccidere giovani coppiette dall’aspetto imbarazzante. Peccato che il nostro eroe sia tutto fuorchè un killer ed infatti, nonostante riesca a fare fuori un paio di sgherri, si prende un sacco di botte. Alterato dalle droghe comincia ad autoripararsi inserendo tubicini di gomma nelle vene e placche di metallo nelle ferite nel tentativo di diventare un vero super robot. La caparbietà e la sofferenza del buon Miller vengono esposte mirabilmente e difatti questa è la parte migliore del film. Per il resto siamo di fronte ad un prodotto che gronda dosi abbondanti di emoglobina con deorbitazioni, sbudellamenti e fracassamenti vari di cranio. 

Purtroppo gli addetti al make-up dimostrano qualche carenza conoscitiva nell’anatomia umana e scambiano le tagliatelle all’amatriciana per degli intestini per cui vediamo grotteschi zombie maltruccati intenti a rimescolarsi pasta fresca nelle viscere. A questo poi si aggiunge la dimensione casalinga delle ambientazioni, il surrealismo di certe situazioni (si veda la reazione delle due guardie quando Miller gli prende il televisore e lo sfascia a terra) e l’evidente incapacità degli attori. Non aiuta il ritmo narcolettico delle scene più action e l’incapacità del regista nell’orchestrare situazioni cinematografiche che vadano al di là del semplice dialogo. Da un certo punto di vista però non si può negare lo spessore caratteriale del protagonista, una maschera di sofferenza continua che riesce comunque a coinvolgere, aggiungiamo poi anche la voluta demenzialità dell’impianto narrativo che tende a buttare tutto in caciara strappando ogni tanto, oltre a qualche faccia, anche qualche sana risata. 

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