lunedì 21 ottobre 2019

TROPICAL INFERNO

(Frauen fur zellenblock 9, 1978)

Regia Jesus Franco

Cast Howard Vernon, Karine Gambier, 
Susan Hemingway

Genere: Woman in prison, Drammatico, Erotico


Parla di: “tre prigioniere legate alla catena e una studentessa torturata in un carcere nella foresta”

Tra le ambientazioni utilizzate nel genere WIP (Women in Prison) quella sudamericana è stata la più gettonata, vuoi perché all’epoca le dittature panamericane erano all’ordine del giorno, soprattutto con il loro carico di orrori e oppressione (si pensi al Cile o all’Argentina), vuoi perché le location con edifici spesso vecchi e malmessi, risultavano molto economiche e ovviamente per la presenza, quasi sempre, di una fitta foresta simil/ammazzonica dove poter far sgambettare le protagoniste, meglio se nude come mamma le ha fatte, come nel caso di questa milionesima pellicola del prolifico Jesus Franco, in cui, tanto per cambiare si mescola l’eros più pruriginoso con il torture porn e l’avventura esotica. In prima battuta, vediamo un vecchio camioncino, che trasporta frutta e verdura, correre in una strada sterrata ai margini della foresta. Ad attenderli c’è un drappello di soldati capitanati da un Howard Vernon imbolsito e sudaticcio che fuma come un ossesso, insieme ad una milf in divisa e capelli corti che si chiama Loba (Dora Doll) ed è la crudele direttrice della prigione protagonista della vicenda. All’interno del camion i soldati scoprono un gruppo di ragazze fuggiasche ma di queste solo due vengono portate via. 

Le altre vengono violentate fra le foglie e probabilmente uccise. Insieme alle fuggiasche viene prelevata anche Karine (Karine Gambier) membro della ribellione alla guida del camion. Le tre prigioniere sono appese con una catena al collo in una lercia cella, quella che da il titolo al film dal momento che il numerino stampato su cartone pressato viene inquadrato con una certa insistenza. Altra protagonista è una giovane studentessa colpevole di distribuire volantini sovversivi e per questo viene lasciata morire di sete fino a quando non sarà costretta da Loba ad infilare la sua lingua tra le cosce dell’aguzzina, salvo poi ricevere dal crudele Vernon un bicchiere di champagne salato. Il film è sostanzialmente diviso in due parti, i primi quaranta minuti sono incentrati sulle terribili torture ai danni delle tre prigioniere, una dovrà salire su una panca di legno a cui vengono applicati dei coni di metallo dolorosissimi per la regione pubale della poveretta. La seconda si becca invece delle scariche elettriche mediante elettrodi applicati sul seno e sulla pancia ma è la povera Karine a subire le peggiori torture. Dapprima verrà deflorata con un corno e poi, attraverso un tubo, riceverà nella vagina la sgradita visita di un criceto affamato (Tortura ripresa anche nell’ottimo Morituris del nostro Raffaele Picchio).

Nella seconda metà il film procede con la fuga delle nostre eroine, assai poco rocambolesca e contrassegnata soprattutto dalle nudità ostentate in mezzo al fogliame, con un pasticciato montaggio di coccodrilli che dovrebbero minacciare le nostre durante la traversata di un fiumiciattolo ma di fatto non succede niente. Prodotto in Svizzera con un cast ormai di famiglia per il prolifico Franco (Sia Vernon che la Gambier hanno lavorato parecchio col regista madrileno) il film presenta numerose scene disturbanti ma vale sicuramente la pena di vederlo per il connubio di bellezze presenti in tutto il loro splendore naturelle, in particolare per Susan Hemingway (al secolo Maria Rosalia Coutinho) che è di una bellezza folgorante, peccato abbia lavorato pochissimo nel cinema e in titoli non propriamente edificanti.

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