Regia: Freddie Francis
Cast: Michael Gough, Joe Cornelius, Joan Crawford
Genere: Horror, Fantascienza
Parla di: “Troglodita delle caverne viene riesumato da speleologi ma non la prende bene e fa un macello”
Giuro che non avrei mai pensato, un giorno, di includere nel mio bagaglio recensioni anche un film diretto da Freddie Francis, una delle perle delle più importanti case di produzione inglesi del dopoguerra, la Hammer e la Amicus, direttore della fotografia superlativo (ha lavorato molto con David Lynch) e direttore di alcuni cult horror quali Il Giardino delle Torture, Le Cinque chiavi del Terrore, Il terrore viene dalla pioggia, tanto per citare i più conosciuti in Italia. Con un curricula così, Joan Crawford protagonista e John Gilling (La lunga notte dell’orrore) tra gli sceneggiatori non potevo che aspettarmi un gran film. In effetti l’inizio è incoraggiante, con un trio di giovani speleologi che scopre una caverna nascosta dietro un canale sotterraneo, peccato che quando la creatura, il Trog, esce dall’ombra, crolli il miraggio di trovarsi di fronte all’ennesimo ottimo horror britannico. Il costume del troglodita ripescato nelle grotte è un qualcosa di abominevole, roba che andrebbe perfettamente a nozze con l’Aborym de La Croce dalle Sette Pietre, anche se quest’ultimo, forse, è fatto anche meglio.

Viene messo in una gabbia dove la scienziata lo trastulla con bambole a molla, trenini elettrici e palle colorate. Viene anche operato per farlo parlare e ad un certo punto, non si capisce bene perché, dalla sua fronte appare un vortice verdastro che simula un flashback dove la produzione si cimenta in una sorta di omaggio a Ray Harryhausen con modellini di T.Rex e triceratopi che soccombono all’esplosione di un vulcano. Intanto Michael Gough fa l’accanito osteggiatore di questo esperimento, anche se non si capisce bene chi cazzo sia (Un politico? Un Prete? Boh!), sappiamo solo che, dai suoi discorsi, è contrario all’emancipazione femminile ed è un fervente religioso oscurantista, al punto da intrufolarsi nel laboratorio di notte e liberare il primitivo. Da lì in poi sarà un massacro per le strade di una cittadina ai sobborghi londinesi, con un anticipo di Non aprite quella porta in cui il mostro appende un macellaio ad un uncino per la carne. Il messaggio finale che viene trasmesso è che non si può guardare al futuro se non si è in grado di conoscere il proprio passato e, almeno di questi tempi, risulta essere un monito attualissimo.
Nessun commento:
Posta un commento