(Ilsa, The Tigress of Siberia, 1977)
Regia Jean LaFleur
Il capitolo conclusivo, della saga dedicata alla crudele ILSA, ci porta dritto filato nelle
fredde lande della Siberia, all'interno di un Gulag sovietico dove la nostra
Sadica dominatrice cambia completamente bandiera e si trasforma in una seguace
del feroce dittatore Stalin. Cambia bandiera ma le caratteristiche ormai note
della saga rimangono le stesse. Dettagliata esposizione delle più creative
torture ai danni dei prigionieri, appetito sessuale insaziabile e quella sana
cattiveria che ha reso la nostra eroina uno dei personaggi più famosi nel
cinema exploitation.
Nella pellicola la nostra si scatena con spappolamenti di
cranio a colpi di martellone, gare di braccio di ferro con seghe elettriche in
azione pronte a tranciare la mano del perdente, annegamenti in fredde pozze
ghiacciate e, addirittura una feroce tigre siberiana posta in una gabbia
circolare dove vengono gettati i prigionieri più indisciplinati. Tra una
tortura e l'altra non manca il prigioniero politico a cui si devono ridimensionare
gli ideali rivoluzionari a robuste dosi di elettroshock. Stranamente
l'avventura del Gulag termina dopo appena 40 minuti di film, quando la nostra
Ilsa, con scagnozzi al seguito, abbandona il campo (non senza prima bruciare
vivi tutti i prigionieri) subito dopo aver appreso della caduta del dittatore.
Le scene si spostano a Montreal, nel 1977, dove troviamo Ilsa a gestire un
bordello di lusso. Qui ritrova il prigioniero politico, unico sopravvissuto
alla strage del campo, il quale, casualmente accompagnava due giocatori di
Hockey russi per una seratina trasgressiva. Seguendo un copione ormai
collaudato, la pellicola alterna scene di autentico splatter a crudeltà varie
tipiche dei fumetti neri dell'epoca, il tutto mescolato con un pò di soft-core
a base di tettone, threesome vari, lesbo e sadomaso. Un bel calderone che si
conclude con sparatorie a raffica, inseguimenti con motoslitte e un campionario
di nudità più o meno esplicite. Anche se ormai la saga mostra inevitabilmente
segni di cedimento, resta indubbiamente un prodotto di intrattenimento di
grande efficacia e la nostra giunonica Dyanne Thorne, nonostante qualche segno
dell'età la renda decisamente un po troppo statuaria, mostra ancora due
invidiabili tettone e un corpo da ultra trentenne ancora in grado di titillare
i nostri sensi.
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