venerdì 1 aprile 2016

BAD MILO



(Id. 2013)
Regia 
 
"Un condensato di tutto l'horror anni ottanta" - si potrebbe riassumere così questa pellicola dell'esordiente Jacob Vaughan se non fosse che, dietro l'operazione nostalgia e l'apparente ironia che ne permea le atmosfere trash, si cela una profonda riflessione sulla condizione umana del nuovo millennio. Condizione dominata totalmente dallo stress psicofisico che, al pari del sonno della ragione, genera mostri. E nel caso del protagonista, il broker finanziario Duncan, divorato da un lavoro snervante, ossessionato dalla paura di assumersi responsabilità familiari, castrato psicologicamente da una madre troppo intraprendente, lo stress genera una creatura mostruosa, sorta di feto mutante dalle suggestioni henenlotteriane, che fuoriesce dall'ano e divora la causa umana del problema. 

Il povero Duncan non esita a rivolgersi allo psichiatra new age Peter Stormare per scoprire che, nel fondo delle sue ansie, si rivela una forte carenza paterna. Ma non tutto si rivelerà essere generato dalla mancanza del padre, strafottente e iperdrogato hippie di mezza età. Esiste una causa genetica ben precisa che Duncan non tarderà a scoprire con sommo terrore. Permeato da una comicità sottile che rifugge da facili battute ma si mantiene sulla strada che il buon vecchio John Waters ha tracciato in passato, Bad Milo ricorda molto da vicino le produzioni di Charles Band e della Full Moon, tuttavia la scelta retrò di Vaughan risulta invece solo estetica dal momento che le tematiche, come detto sopra, sono attualissime.


Impossibile non pensare anche a Larry Cohen e al suo "It's Alive" nella sequenza che illustra in soggettiva la colonscopia ( e chi l'ha provata sentirà un fremito di terrore!) ma anche al trash caciarone ed eccentrico della Troma, fatto di spruzzate di merda, evirazioni a morsi, stanze di tortura nascoste (Forse riferimento ironico alla triste saga letteraria di 50 sfumature di grigio?) e parti fecali estremamente dolorosi.  Il povero Milo poi passa da atteggiamenti di tenerezza ad alterna ferocia zannuta e diventa una specie di E.T. horror (pure somigliante alla creatura di Rambaldi) che smuove stomaco, intestino e risate grossolane senza mai perdere di vista l'insieme narrativo, che nei suoi ottanta minuti, riesce a farci sorridere e ad intrattenerci con trovate simpatiche. Magari non si griderà al capolavoro ma chi soffre di intestino irritabile troverà uno o più punti di empatia con il povero protagonista.

1 commento:

  1. Un filmaccio, mi ha fatto ridere in alcuni momenti, è grossolano... insomma, mi è rimasto simpatico!

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