martedì 17 gennaio 2012

CHAINED GIRLS

(Id. 1965)
Regia Joseph P. Mawra
Cast: Joel Holt, Marlene Eck, June Roberts

Figlio degenere di quella branca del cinema exploitation che sta a metà tra la pornografia nascosta e il mockumentary, Chained Girls è una sorta di nudie cutie travestito da educational movie con il molto nobile proposito di addentrare lo spettatore nel perverso mondo delle lesbiche. Una voce narrante ci accompagnerà per tutta la (breve per fortuna) durata del film partendo dai riferimenti storiografici classici sulla poetessa greca Saffo per arrivare a studi statistici su percentuali inventate che tentano di identificare la natura delle lesbiche. Il tutto condito da traballanti e amatorialissime riprese in bianco e nero che ostentano la vita metropolitana che si alternano a siparietti sexy interpretati da imbarazzatissime ragazze che posano in lingerie davanti all'obiettivo di una fotografa di moda evidentemente lesbica anch'essa.
Come Reefer Madness  e Sex Madness, Chained Girls è pura sexploitation ad uso e consumo di un pubblico bigotto ma pregno di curiosità malsana, autorizzato dagli intenti chiaramente repressivi che questo tipo di cinema esprimeva di facciata ma che, nella sostanza, altro non erano che il pretesto per mostrare un pò di donnine nude che si baciano e si strusciano fra di loro. Insomma siamo agli antipodi del porno, ed è ben chiara in tutto ciò l'ipocrisia insita nell'operazione cinematografica: indagare sul lesbismo come problema sociale mostrando nel contempo al pubblico voyeur come ci si ama fra donne. Immagino che film del genere abbiano fatto incazzare non poco le comunità gay di mezzo mondo (sempre che allora ce ne fossero e avessero diritto a lamentarsi), in realtà oggi spero che ci si facciano sopra una risata anche perchè tra le righe il film esprime un'ignoranza oserei dire abissale nell'illustrare il fenomeno dell'omosessualità. A parte le finte statistiche (ovviamente non c'è alcuna fonte di citazione ma tanto...) le lesbiche vengono divise in due categorie, quelle che fanno le donnine di casa (Femme) e quelle che invece si fingono maschi (Butch) rappresentate da una tizia che si veste da uomo e fuma la pipa, insomma un tentativo di imitare in tutti i modi una coppia normale, con tanto di finto matrimonio celebrato da un finto prete gay. Ovviamente secondo la voce narrante gli intenti amorosi lesbici finiscono sempre male e infatti vediamo subito dopo la coppia di sposine con la terza incomoda in una drammatica scena di gelosia che finisce (addirittura) in omicidio.
 Dulcis in fundo Chained Girls illustra a fine pellicola i tre principali motivi per cui una donna diventa lesbica: Paura del matrimonio/paura di avere dei figli con il matrimonio/odio represso verso tutto il genere maschile.Insomma siamo di fronte alla fiera delle banalità che cerca addirittura una forma autorevole citando di continuo e a sproposito Sigmund Freud. Agli occhi moderni questo capolavoro di sexploitation viene buono per farsi due risate sulla disarmante ingenuità del conservatorismo presessantottino o per lumare un buon quantitativo di lingerie vintage ma del resto gli autori sono comunque nomi di spicco nel magico mondo del cinema esploitativo, il produttore George Weiss fece realizzare anche Glen or Glenda e assieme al regista Joseph P. Mawra realizzarono Olga's House of Shame  capolavoro del cinema sado-maso che ebbe un buon successo e una serie di successivi sequel sempre ispirati al diabolico personaggio di Olga.

Nessun commento:

Posta un commento