venerdì 1 agosto 2025

UNA SECONDINA IN UN CARCERE FEMMINILE

(Frauengefang, 1975) 

Regia Jess Franco 

Cast Lina Romay, Martine Stedil, Roger Darton 

Parla di “giovanotta ammazza fidanzato rapinatore e finisce in carcere duro dove tutti cercano di strapparle il segreto del nascondiglio di preziosi diamanti trafugati” 

L’accoppiata Jesus Franco/Lina Romay colpisce ancora, tanto per cambiare con l’ennesimo Woman in Prison (per gli amici dell’acronimo: WIP) che tanto piacevano al maestro spagnolo e che, ovviamente, tanto piacevano anche ad un certo tipo di pubblico, decisamente di bocca buona. Tutto inizia con una rapina, tre loschi individui con anonime maschere bianche, fuggono con una valigetta, due vengono uccisi dal complice ma questi quando scopre che la valigetta è vuota, viene colpito a sua volta dalla fidanzata Shirley (Lina Romay), a bruciapelo. Subito dopo Shirley chiama la polizia e si costituisce, asserendo di averlo ammazzato per gelosia. 

Viene quindi relegata in un carcere femminile (e dove se no?) che, agli occhi del mondo, dovrebbe essere un modello virtuoso di penitenziario (a sentire la voce narrante quasi un centro vacanze) ma che sotto sotto nasconde turpi segreti. Il direttore, che sembra un giovialone, in realtà è un sadico che frusta a sangue le prigioniere ed arriva a mettere dei cavi elettrici nella vagina di Shirley per aver nascosto un biglietto segreto. Una cosa è certa, tutti vogliono sapere che fine hanno fatto i diamanti, ritenendo che Shirley ne sappia qualcosa. Accompagnato da una musichetta talmente stucchevole da rasentare l’incubo (opera di David White) rosa di qualsiasi porno, il film procede piuttosto svogliatamente, soprattutto nel segno dell’eros, elemento che di solito è molto preponderante nel genere. 

Qui ci si limita a qualche zoomata sul pelo pubico delle carcerate, che ovviamente dormono tutte nude per il caldo, non manca qualche accenno saffico (arricchito da integrazioni più spinte dove compare un misterioso sedere dotato di immondo brufolone nerastro!) con la bellissima Martine Stedil che verrà strangolata subito dopo dalla stessa Romay. Successivamente compare anche Tio Jess in completo azzurro e pistola in mano nei panni di un cattivissimo sicario che ammazza il direttore, non senza prima avergli fatto un pippone idealista contro il finto perbenismo di facciata. Finale da cartolina illustrata con lunghe inquadrature paesaggistiche che non servono a null’altro se non a riempire il vuoto di un minutaggio già esile. La Romay mostra tette e culo come se non ci fosse un domani ma se non altro Franco aggiunge all’estetica del film un tocco di raffinatezza, rispetto, infatti alle solite divise dei classici W.I.P. qui le prigioniere portano delle zeppolone giganti, improbabile vestiario in qualsiasi carcere femminile.