venerdì 14 novembre 2025

DARK ANGEL – UN ANGELO DALL’INFERNO (Dark Angel - The Ascent, 994)

Regia Linda Hassani 

Cast Daniel Markel, Angela Featherstone, Costantin Draganescu 

Parla di “diavolessa sale sulla terra per redimere i peccatori ma riesce soltanto a farli a pezzi” 

Ennesimo titolo della copiosa produzione di Charles Band e della sua Full Moon che nel periodo d’oro del cinema home video, ne sfornava a quantità industriali, complice un basso costo di produzione e set realizzati soprattutto in Italia o nell’est europeo, come in questo specifico caso dove i cognomi della Crew dei titoli di testa non lasciano alcun dubbio riguardo alla provenienza. Oscillando tra horror e fantasy, Dark Angel ci porta nei dintorni di una favoletta dagli esili richiami sessuali mescolata ad una enfasi religioso apocalittica. 

Le prime scene ci portano direttamente all’inferno dove la saturazione rossastra ci addentra tra gironi demoniaci in cui i condannati girano con gabbie per topi sulla testa e dove ai truffatori viene tagliata la lingua. In questi meandri la giovane diavolessa Veronica (la notevole Angela Featherstone), in perenne contrasto con il padre, decide di visitare il mondo degli umani. Nel passaggio attraverso una caverna perde ali, coda e corna e si presenta in pieno centro città completamente nuda, in compagnia del suo inseparabile cane Diavoletto. Dopo essere stata investita da un’auto finisce in corsia d’emergenza dove incontra il bel dottorino Max (Daniel Markel) che giustamente decide di portarsela a casa. Veronica però è mossa da un’insana passione religiosa, si prostra davanti a due suore (anche se il crocifisso le brucia la mano) e se ne va in giro a punire i peccatori, e non certo coi sermoni! Ad uno stupratore sfila direttamente la colonna vertebrale e ne appende i brandelli al parco pubblico, non senza aver prima aver procurato la cena al suo cagnolino. Stessa sorte anche a due poliziotti violenti, anche se il vero obiettivo di Veronica e colpire direttamente il sindaco corrotto della città. 

Immerso nei colori ipersaturi di una fotografia tipicamente anni novanta, il film di Linda Hassani non ha mai goduto grande fama di cult movie, troppo patinato, adornato poi da un romanticismo decisamente fuori dalle righe. Avrebbe potuto esserlo con una dose di gore in più rispetto a quella proposta. Manca poi un chiaro intento, che sia quello di farci un pippotto moralistico o quello di prendersi in giro (il primo film che vede Veronica è un porno) oppure quello di realizzare un horror/fantasy. In realità c’è un po' di tutto, compresa la trashissima apparizione divina in una bolla di sapone che giunge a salvare la giovane diavolessa dalla sua missione sanguinaria. Poi c’è la catarsi amorosa che si traduce nella romantica notte d’amore tra Max e Veronica, momento in cui la ragazza rivela finalmente al dottore la sua vera natura con tanto di finte alucce di plastica e cornette sul cranio. Una favoletta decisamente ingenua anche se ben scorrevole, con tanti momenti imbarazzanti ma meno stucchevole di quella porcheria patinata di Meridian, almeno qui la protagonista merita decisamente la visione. 


venerdì 7 novembre 2025

CRASH! L’IDOLO DEL MALE (Crash, 1977)

Regia Charles Band 

Cast Sue Lyon, Josè Ferrer, John Carradine 

Parla di “marito paralitico omicida tenta di far fuori la moglie a colpi di doberman ma questa stringe un idoletto e scatena un’auto assassina…tutto chiaro, No?” 

La moglie avvenente di un antropologo paralitico (Il bravo Jose Ferrer) compra un idoletto ittita ad un mercatino (da quella faccia da pendaglio da forca di Reggie Nalder), il marito gelosissimo decide di farla fuori e manda il suo doberman ad assalirla mentre viaggia in auto. La donna, che si chiama Kim (Sue Lyon) sopravvive ma è gravemente ferita ed ha completamente perso la memoria, tuttavia la sua mano non vuole proprio staccarsi dalla statuina che ha aggiunto alle chiavi dell’auto. 

Nel frattempo sulla strada un’auto senza conducente scatena una serie di incidenti mortali, con inseguimenti fracassoni ed ampio utilizzo di scontri automobilistici più o meno spettacolari. Questo è il Charles Band degli anni settanta, decisamente ancora lontano dai pupazzoni gommosi che caratterizzeranno il suo cinema nel decennio successivo. Qui siamo nella pura exploitation con un curioso mix tra possessioni demoniache in stile Esorcista (con la Lyon posseduta che sfodera un bel paio di inquietanti occhioni color rosso fuoco) e auto assassine in stile La Macchina Nera. 

Un connubio che purtroppo la sceneggiatura non aiuta a valorizzare, con un montaggio che alterna le due vicende, apparentemente senza alcun legame tra loro. Solo nel finale si arriverà a comprendere che il viaggio della vettura satanica era quello della vendetta finale, ma non è ben chiaro il motivo per cui quest’auto se ne vada in giro a far sbandare altre vetture senza alcuna colpa. In realtà poi alcune di queste sequenze sono piuttosto malfatte, il secondo assalto della vettura ai danni di un poveretto è decisamente sgangherato, al punto che si vede chiaramente che è l’auto della vittima ad andare addosso a quella senza conducente e non il contrario. Va meglio nella parte dedicata alla Lyon, che cerca di riprendere la memoria mentre il marito, accortosi di non aver compiuto l’opera, tenta di farla fuori all’ospedale. A dare una mano a Kim c’è il suo amato idoletto che prende possesso degli oggetti, come la sedia a rotelle del marito che utilizza per far fuori il cagnaccio assassino in una serie di sequenze oltremodo ridicole (del resto anche uccidere un doberman a colpi di carrozzella suona ridicolo!). 

Completa l’intreccio un finale assolutamente narcolettico dove l’auto assassina se la prende molto comoda ad inseguire Ferrer che annaspa con calma tentando di fuggire, senza peraltro mostrare la benchè minima paura, mentre la Lyon, prigioniera in sauna ad altissime temperature (ma senza togliersi il maglioncino, mi raccomando!) sfodera gli occhioni satanici che sono decisamente la parte migliore del film. Da segnalare anche una piccola quanto inutile comparsata del grande John Carradine nella parte di un antropologo. Una pellicola senza mordente, moscia e priva di ritmo, dove anche le spettacolari acrobazie degli stuntman appaiono telefonate, buona soltanto per riempire i pomeriggi dei canali privati negli anni ottanta, dove per l’appunto, vidi Crash! Per la prima volta. Ed è solo un’inguaribile nostalgia di quei pomeriggi televisivi, che mi ha spinto a rivedere questo film.