martedì 31 luglio 2012

MAD LOVE LIVE OF A HOT VAMPIRE

(1971)
Regia Ray Dennis Steckler
Cast Jim Parker, Carolyn Brandt, Rock Heinrich

Autore di pellicole dai titoli deliranti come The Incredibly Strange Creatures Who Stopped Living and Became Mixed-Up Zombies!!? o The Hollywood Strangler Meets the Skid Row Slasher, Ray Dennis Steckler è diventato uno dei registi cult per eccellenza nel panorama weirdo in cui si colloca questo porno horror dall'evidente attitudine trash. Vediamo un demenziale gobbo che sembra più imitare uno scimpanzè che da il buon giorno al conte Dracula, questi appena sveglio mette subito in scena una bella orgetta con tre allettanti figliole vestite con dei sai monacali ma completamente nude sotto.

Mentre due di loro lesboreggiano, la terza tenta di fare un pompino al gobbo che si agita in modo surreale dando pugni contro il muro mentre l'erezione fatica a venire.Poi il conte da a tutte e tre un'ampolla e le manda in giro a rimorchiare ragazzi, i quali, dopo estenuanti rapporti che occupano almeno metà del film (peraltro brevissimo) iniziano ad urlare come matti mentre le vampire si armano di dentoni finti e gli succhiano il sangue direttamente dal pene. Entra in scena quindi un ciccione che si spaccia per Van Elsing assieme a un tamarro in camicia color banana, i due armati di pugnali di legno iniziano una collutazione con il vampiro ma questi fugge con il gobbo attaccato alla coscia come un cane in calore. Ci penserà il sole a far fuori il conte mentre il servo, raccolto il mantello del padrone ci si soffierà il naso facendo dito medio al sole. La narrazione è affidata alla Moglie di Dracula (Carolyn Brandt ) che è forse l'unico personaggio credibile dal momento che l'attore jim Parker più che un Dracula sembra il sosia di Ugo Bologna, le tipe sono troppo pelose e hanno i piedi sporchi e gli attori maschi adibiti alle scene di sesso sembra abbiano più di un problema ad avere l'erezione. Insomma un film sgangherato, fotografato con colori ipersaturi e totalmente anti-erotico ma decisamente unico nel suo genere.   

venerdì 20 luglio 2012

IL MOSTRO INVINCIBILE

(Gamera tai uchu kaiju Viras,1968)
Regia Noriaki Yuasa
Cast Kôjirô Hongô , Tôru Takatsuka , Carl Craig

Il Kaiju Eiga è un genere a parte e come tale dovrebbe essere catalogato. Risulterebbe impossibile altrimenti giudicare film come questo film  di Noriaki Yuasa  che si potrebbe sintetizzare in uno dei suoi innumerevoli nomi:  "Gamera contro Viras". I personaggi umani sono a dir poco irritanti, al limite dell'estremo con due boyscout di 12 anni circa chiamati Masao (Toru Takatsuka) , il giapponesino genietto e Jim (Carl Craig), l'americano scaltro, rapiti dagli alieni dentro un'astronave a forma di palloncini rigati allo scopo di ricattare Gamera, il mitico tartarugone gigante che ruota nello spazio come un'astronave della serie S.H.A.D.O. e lancia fiammate contro i nemici: una sorta di vigilante della terra e amante dei bambini. La terra decide di arrendersi dopo una telefonata delle Nazioni Unite che per salvare due bambini sottomette un intero pianeta (!!!).
Per fortuna che i ragazzini sono scaltri e riescono a liberare Gamera dal costrittore di volontà che gli impone di distruggere Tokyo. A questo punto ci possiamo finalmente godere in pace un bel combattimento tra mostri, ovvero tra Gamera ed il mostruoso polipone Viras, ingigantito dall'unione fra extraterrestri poliponi, truccati da giapponesi in calzamaglia. Il Kaiju Eiga è così, un genere costruito a uso e consumo dei bambini, dosando la loro ingenuità ad un comparto visivo che, in assenza di mezzi, fa miracoli e ci regala dei bei momenti kitsch. Dedicato a chi non smette di sognare i tartarugoni giganti!

martedì 17 luglio 2012

I DIABOLICI AMORI DI NOSFERATU

(El gran amor del conde Drácula, 1973)
Regia Javier Aguirre
Cast Paul Naschy, Rosanna Yanni, Haydée Politoff

Agli inizi degli anni settanta, complice l'ormai inarrestabile declino del regime franchista, assistiamo all'esplosione del cinema fantastico spagnolo, questo anche grazie all'attitudine del pubblico iberico, vessato per decenni da un dominio fascio-cattolico, che cercava finalmente quelle forti emozioni che solo la triade sesso, sangue e terrore poteva dargli. Da parte sua l'attore Paul Naschy cavalca perfettamente l'onda grazie anche a successi come "La Marcha del Hombre Lobo" o "La noche de Walpurgis" in cui la sua attitudine per il trasformismo lo fece accostare al mitico Lon Chaney. Ovviamente questa esplosione horror produsse anche titoli mediocri come questa pellicola di Javier Aguirre che già l'anno prima aveva diretto Naschy nell'ottimo "Il Mostro dell'obitorio".

Già dal titolo è chiara l'intenzione di mescolare nel plot narrativo romanticismo e orrore, il risultato invece è una strana miscellanea di weirdo, noia e imbarazzo che vedono protagonisti quattro avvenenti donzelle e un gentiluomo che attraverso una zona boschiva caratterizzata dalla presenza di un vecchio sanatorio abbandonato e da leggende che vedono protagonista il conte Dracula. La carrozza perde una ruota, il cocchiere si becca una zoccolata e ci resta secco, allorchè al gruppo non resta che chiedere ospitalità nella clinica dove incontrano il gentile dottor Marlow (Paul Naschy), peccato che questi sia proprio Dracula e, in perfetto stile catena di Sant'Antonio (io vampirizzo te e tu vampirizzi altri due...) morde una ad una tutte le ragazze tranne Karen (Haydée Politoff) di cui è innamorato e il cui sangue vuole utilizzare per risvegliare la sorella vampira.

Nonostante la presenza di splendide attrici come Rosanna Yanni e Mirta Miller (ma c'è anche una Ingrid Garbo, guarda un pò!) ed una buona dose di sangue, il film è alquanto pasticciato e ridicolo. i vampiri sembra che hanno i denti storti, Naschy nei panni del conte assomiglia ad una brutta copia di Bela Lugosi e il suo innamoramento appare talmente assurdo da diventare patetico quando alla fine fa harakiri con un paletto di frassino. Unica nota originale è l'inconsueto sistema di caccia del vampiro che dissemina i boschi di tagliole per catturare esseri umani. Nonostante questo la noia regna sovrana al punto che l'ossessiva ripetizione della sequenza dell'alba sia quasi un tentativo, da parte del regista, di arrivare più velocemente al finale e dissolvere, oltre al mostro, anche l'incubo di una pellicola così tediosa.

venerdì 13 luglio 2012

CREATURE OF THE HAUNTED SEA

(1961)
Sono film come questo che innalzano in me tutto l'affetto e la stima per un artigiano come Roger Corman, capace con due soldi di farci un film di mostri e di riderci pure sopra, in effetti come esempio di sci fi anni '60 questa pellicola non è granchè ma è senza dubbio una divertentissima commedia demenziale, ancor più efficace essendo realizzata con effetti economici come ad esempio il make up della "creatura", una sorta di umanoide coperto di alghe con due palle rotonde al posto degli occhi. Eppure, se ogni film è lo specchio del proprio tempo, "creature" acquista ai nostri occhi un valore maggiormente elevato visto che la trama trae spunto dalla rivoluzione cubana, come annuncia il simpatico cartoon introduttivo.
Da lì si snoda una storia di spie, di generali cubani in fuga, una caccia al tesoro e un mostro dei mari che sterminerà alla fine l'intero l'equipaggio di un imbarcazione americana.  Il film è stato girato nelle splendide acque di portorico in un bianco e nero che purtroppo ha perso smalto negli anni (anche perchè  nessuno ha mai pensato di restaure la pellicola). Da ricordare la scena in cui Betsy Jones-Moreland canta seduta sulla barca una canzone che non finisce mai se non quando Antony Carbone il capitano della nave gli dice di piantarla, o l'agente XK150  che si nasconde sull'isola deserta dove trova un telefono e l'immancabile scocciatore che deve telefonare. Gusto per il bizzarro e demenzialità appassionata hanno contribuito, senza dubbio, a realizzare un genere, quello della parodia horror, già espresso, l'anno prima della realizzazione di questo b movie, dallo stesso Corman in The Little Shop of Horrors. 

mercoledì 11 luglio 2012

THE BLACK SKORPION

(1957)
Regia Edward Ludwig


A partire da King Kong , proseguendo per "Assalto alla terra" gli animali giganti, meglio se insetti, hanno sempre avuto un ruolo in primo piano nel cinema sci-fi del passato, dopo i ragni, le formiche e la mantide religiosa, non poteva non esserci anche lo scorpione, insetto già gettonatissimo nel cinema horror qua trasformato in un mostro gargantuesco che sbuca fuori da una voragine provocata dall'eruzione di un vulcano in Messico, non solo, ma spunta fuori con tutta la famiglia per dare l'assalto ad un treno in una delle sequenze clou del film diretto dal regista Edward Ludwig.
Realizzato con un budget particolarmente basso, il film vanta l'apporto di Willis H. O'Brien, il mago del passo uno che realizzò il bellissimo Il re dell'Africa (che per l'appunto vinse l'oscar per gli effetti speciali) che probabilmente ha cercato di fare miracoli col poco a disposizione, tuttavia il risultato è a dir poco notevole, quello che si pecca in stop motion e in scenografia (i modellini sono un pò troppo abbozzati) lo si guadagna dal punto di vista narrativo.
 Tutta la spettacolarizzazione della pellicola è affidata all'ultima mezz'ora, prima vediamo i due geologi Scott (Richard Denning) e Ramos (Carlos Rivas) che indagano su misteriose sparizioni e omicidi nella ridente cittadina di San Lorenzo, dove fanno la conoscenza dell'avvenente ranchera Teresa (Mara Corday) e purtroppo anche di Juanito (Mario Navarro), il piccolo messicano rompicoglioni che s'intrufola dappertutto per dare una mano ai due scienziati, non esitando a nascondersi nella cabina di metallo con cui scendono nel baratro provocato dal vulcano. Qui scopriranno un mondo di bestiacce zannute tra cui un grosso ragnone che cerca di far fuori Juanito ma purtroppo non ce la fa (sigh!). In definitiva The Black Scorpion è un buon film del periodo, bello scorrevole e ben girato, impagabile poi l'attacco finale a Mexico city con il mostruoso insettone che sfida i carri armati nello stadio cittadino, grande commozione infine, per noi monster's lover quando la pellicola si chiude sul musetto dello scorpione ormai annientato, come resistere di fronte a quegli occhioni?

martedì 3 luglio 2012

HANSEL E GRETEL

(1990)
Regia Giovanni Simonelli
Cast Elisabete Pimenta Boaretto , Silvia Cipollone, Massimiliano Cipollone

Con un titolo che richiama alla memoria echi favolistici, quasi a voler intendere il carattere romantico e fantastico di una novella aggiornata ai nostri tempi, lo sceneggiatore e improvvisato regista Giovanni Simonelli consegna alla storia uno dei più brutti film mai realizzati, superiore a qualsiasi nefandezza il nostro cinema abbia mai confezionato prima d'ora. Un traguardo imporante, al quale il buon Lucio Fulci nel declino della sua carriera, ha partecipato suo malgrado, grazie ad un infausto progetto televisivo commissionatogli dal produttore Augusto Caminito e chiamato per l'appunto "Lucio Fulci presenta". La nostra favoletta trash comincia con questi due bambini, fratellino e sorellina che recano per l'appunto i nomi della celebre fiaba dei fratelli Grimm. I due angioletti vanno a scuola dai frati in un istituto che, per raggiungerlo, bisogna fare una lunga strada  di campagna, mentre tornano a casa, i ragazzini si fermano a vedere un auto abbandonata lungo la strada, ma dei cattivoni li addormentano e li infilano nel cofano. Quando giungono davanti al cancello di una villona, sentiamo i ragazzini che confabulano del loro padrino, ma quando si chiude il cancello elettronico alle loro spalle (in una sequenza fissa di almeno 10 minuti in cui pare che la troupe sia andata a bersi un caffè lasciando accesa la telecamera) li ritroviamo di nuovo nel cofano addormentati, alimentando così la nostra confusione.
i fratellini Cipollone
Ma questo è ancora niente, seguiamo i due ragazzini che docilmente vengono portati in una sala operatoria da dove usciranno dentro due barette (o piccole bare!), del resto sono stati rapiti da un'associazione clandestina che commercia in organi e infatti i due ragazzini vengono privati di intestino e fegato che vengono riposti in vaschette dei pesci (si, si, proprio quelle rotonde e trasparenti!) mentre la telecamera insiste su primi piani di chirurghi grondanti di sudore con una mascherina sul volto riempita di garza che ci si chiede come facciano a respirare. A questo punto i cattivoni seppelliscono i due corpicini ma, per un istante, sorge il dubbio che i bimbi siano ancora vivi. La macchina da presa inquadra il terreno da cui vediamo alzarsi in sovrimpressione Hansel e Gretel pronti a scatenare la loro vendetta. La prima vittima è un fattore che viene travolto dalla mietitrebbiatrice, l'effetto gore viene espresso buttando qua e là pezzettoni di manzo che simulano le frattaglie umane mentre i bambini osservano inebetiti con gli occhi che si illuminano grazie a un faretto rosso attorno agli occhi, a dimostrazione dell'alta qualità degli effetti speciali!
Arriva anche la polizia, o meglio un'improbabile poliziotta brasiliana che sembra uscita dal carnevale di Rio e si istalla a scrocco nel villone dove, uno ad uno, i membri della famiglia venditrice di organi vengono decimati dai pallidi zombetti. C'è chi finisce travolto dalle botti di vino, chi cade in piscina, chi sparisce risucchiato in una pozza di fango (ma viene poi ritrovato sdraiato quasi che la pozza lo abbia risputato fuori ma più probabilmente il regista che si era dimenticato un pezzo di sceneggiatura) e chi brucia nel fienile in una sequenza a dir poco grottesca dove vediamo prima dei manichini che bruciano e poi tra le fiamme le facce delle vittime che urlano.

Il tutto accompagnato da una canzoncina per bambini che avvisa dell'imminente apparizione e che risulta ossessiva per tutto il film. Contrassegnato da una fotografia amatoriale dove si sprecano gli errori di posizionamento della luce, al punto che in alcune scene vengono messi in ombra anche i volti degli attori, impreziosito da dialoghi demenziali, recitazione inesistente, un montaggio narcotico e totale assenza di effetti, al punto che quando le pistole sparano si sente solo il suono ma non si vede la fiamma (forse non c'erano soldi per la post produzione?) il film di Simonelli va visto per almeno un momento topico da inserire negli annali del cinema trash, ovvero quando viene ritrovato un arcaico walkman che chissà come ha registrato gli ultimi istanti di una delle vittime in cui si possono sentire anche le voci dei bambini e...magia delle magie...si sente anche la colonna sonora del film registrata!!!! La pellicola si chiude in bellezza con i due bambini che fanno ciao ciao con la manina, un saluto che sa di definitivo, una degna chiusa per tutto il cinema italiano di genere che da quel momento in poi andrà incontro ad un oblio definitivo.